Storie di città

Quelle mani insidiose. Il dramma di Yasmine.

Rosa Barca e le nostre storie di città

Nera. Un anno fa si seppelliva in un cassetto un album dalla copertina nera. Nera come la cronaca di una vita minata e marchiata, il colore dell'ultima pagina della storia di una donna che noi chiameremo Yasmine.

Yasmine arriva in Italia dal sud della Nigeria con la figlia Esther (nome di fantasia), piccolina nata durante il lungo viaggio per arrivare in Europa. Un viaggio durato alcuni anni, sulle rotte della tratta di esseri umani. A Napoli chiede un permesso di soggiorno ma, minacciata e picchiata, come tante altre ragazze, viene costretta a prostituirsi. Finito di pagare il cosiddetto "debito", Yasmine pensa di poter ricominciare a vivere, invece litiga con il compagno e, spinta dalla disperazione e dalla solitudine, si trasferisce con la piccola nei casolari di Borgotretitoli, nei pressi di Cerignola. Arriva qui ormai senza documenti, senza casa, senza un lavoro, senza prospettive, con una bambina di cui prendersi cura. Ricomincia a prostituirsi per sopravvivere ma, disperata, comincia anche a bere: un identikit non nuovo agli occhi delle comunità che risiedono nelle campagne del foggiano.

Yasmine si fida solo di Maria, proprietaria di uno spaccio che spunta tra i casolari. Maria è un punto d riferimento per tutta la comunità immigrata in questa terra desolata, in questa terra di nessuno. Diventa una spalla importante, pur se ambigua, anche per Yasmine, ma soprattutto per la piccola Esther, quando la sua mamma non c'è, quando sta male, quando beve. Esther non è una bambina qualunque. E' costretta a fare da mamma a sua mamma. La piccola impara da subito a disegnare il coraggio necessario con le mani di una donna matura. Ha solo sette anni ma la vita l'ha voluta rendere spettatrice di una realtà da bollino rosso. Questa però non è televisione dove si può cambiare canale. Questa è la sua storia.

Gli operatori sociali dell'Oasi2 conoscono madre e figlia durante il loro lavoro di strada. Una segnalazione: una bambina che da giorni si lamentava nel campo: Esther aveva mal di denti, ma nessuno si curava di lei. "Costruire il dialogo con Yasmine – dicono gli operatori dell'unità di strada di Oasi 2 - è stato difficile. Ci abbiamo impiegato un anno: era diffidente, temeva che le potessimo portare via la bambina". Una sera, Yasmine si ferma con un gruppo di ragazzi rumeni e bulgari, nuovi da quelle parti. Quegli stessi uomini tornano, di notte, fanno irruzione nei casolari diroccati, aggrediscono Yasmine, la portano lontano, nei campi, e la violentano. Esther assiste all'aggressione ma, fortunatamente, non alla violenza. Il corpo di Yasmine viene corrotto sotto dita impudiche. La sua intimità è plagiata per sempre. Rimangono cicatrici e ferite che non si possono tamponare con l'ovatta. Cade, intanto, il silenzio a Borgotretitoli.

Le operatrici dell'Oasi2 vengono a conoscenza dell'accaduto da un servizio andato in onda durante un telegiornale regionale. Le telecamere riprendono la donna di spalle, ma Yasmine è facilmente riconoscibile dal ventre gonfio che aveva nell'ultimo periodo. Stremata, provata, disperata, la donna, 31enne, decide finalmente di farsi aiutare. Dopo tanti incontri, finalmente la scelta di entrare in una comunità terapeutica per persone con dipendenze patologiche: una comunità che accoglie madri con bambini. Sembra la svolta. Anche sul volto della piccola Esther finalmente compare un sorriso. Dura poco, nulla. Alle quattro e mezza di pomeriggio di quello stesso giorno, una telefonata annuncia la morte della donna. I soccorsi arrivano fatalmente tardi. Yasmine muore di un'emorragia inarrestabile. La piccola Esther lascia Borgotretitoli e viene portata in una comunità di accoglienza per minori. Ritorna a farsi vivo l'ex compagno di Yasmine che vuole la bambina con sé a Napoli, ma Esther non ne vuole sapere. Gli stessi servizi sociali non ritengono l'uomo idoneo a garantirle un futuro dignitoso.

Aprile 2009. E' passato un anno dalla morte di Yasmine. Esther ha comprato un nuovo album di famiglia. Si sfogliano le carte per la sua adozione, ma le diapositive del passato non si gettano. Non esistono detersivi del dolore, ci sono nuovi negativi da stampare. Il corpo di Yasmine è solo uno in più nell'armadio dello stupro. Numeri da brivido: siamo di fronte ad un mostro che si copre il volto con le mani sporche, che conta le donne ma non le chiama per nome. La sua macchina non ha freno e si porta a casa, ogni giorno, nuove Yasmine. Una fame perversa muove consumatori insaziabili. Non si serve la vergogna sulle loro tavole. Troppo indigesta.
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