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Sant'Antuono, Raimo respinge le accuse

L'ex dirigente di ragioneria: «Non ero abilitato a cambiare la destinazione d'uso dell’immobile»

Traniweb continua a raccogliere interventi sulla vicenda Sant'Antuono. Dopo gli interventi dell'assessore Roberto Visibelli e del sindaco Giuseppe Tarantini, registriamo ora una dichiarazione di Giovanni Raimo, dirigente della ripartizione finanziaria del Comune, dal 2004 al 2006.
«Non mi sento di assumere le responsabilità che mi vengono addebitate – dice Raimo ad un nostro collaboratore – in tutta la vicenda legata alla Chiesa di Sant'Antuono. Anzi devo dire subito che mi recherò da S.E. Mon. Pichierri per metterlo al corrente dello svolgimento di tutto l'iter come pure gli farò le mie scuse qualora ravvedesse una pur minima mia responsabilità.

Non appena giunto a Trani a fine aprile 2004, trovai una deliberazione di indirizzo della Giunta, adottata una quindicina di giorni prima del mio arrivo, con la quale siincaricava il dirigente della III ripartizione di reperire nuove risorse per far fronte alla pesante situazione debitoria del Comune. Individuai subito che molti immobili comunali erano in uso a privati che non versavano alcun canone di locazione al Comune, tant'è che fui costretto ad adottare provvedimenti anche drastici e a volte dolorosi per il recupero delle somme dovute.

Furono poi individuati alcune strutture che potevano portare soldi alle casse comunali e, tra queste, la piattaforma galleggiante (che però presentava grosse difficoltà relative alla sicurezza per l'uso che se ne sarebbe potuto fare) e la chiesa di Sant'Antuono che visitai io stesso trovandola architettonicamente molto bella, ma in stato di abbandono con fili elettrici divelti e altro.

Nel bilancio 2005 approvato in Consiglio Comunale e nel PEG, anche questo, come è noto, approvato dall'Organo politico, la chiesa fu inserita, con altri due immobili, nel piano delle entrate dietro concessione in uso. Dopo l'approvazione del PEG fu indetta la gara. Nessuno mi ha mai parlato di chiesa ancora consacrata, né risulta alcunché negli atti della gara d'appalto la cui commissione era composta non solo da me, ma anche da altri funzionari.

Non avrei mai potuto cambiare la destinazione d'uso di quell'immobile poiché non ero abilitato a farlo. Non essendo tranese non conoscevo la storia della città come qualche tranese d.o.c. in servizio al Comune, per cui non avevo idea della storia di quell'immobile né mi avevano riferito dei restauri, della consacrazione, dell'apertura al culto, tutte cose che ho appreso dalla stampa e leggendo l'intervento di Visibelli.

Quindi respingo categoricamente l'addebito che il sen. Visibelli, attento osservatore di tutta la vita comunale in ogni sua fase, mi muove nel suo intervento e cioè che sarei stato uno dei responsabili tenuto alla verifica dello "status giuridico dell'immobile" non avendone, peraltro, come ho già detto alcun potere per farlo. Per cui non può essere ascritta a me alcuna responsabilità in merito al cambio di destinazione d'uso della Chiesa e a tutta la vicenda che ne è seguita».
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