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Successe a Trani: "28 dicembre 1980, quando il Supercarcere divenne l'inferno. Il 'battesimo di fuoco' dei GIS". Foto credits
Cronaca

É successo a Trani il... 28 dicembre 1980: "Quando il Supercarcere divenne l'inferno. Il 'battesimo di fuoco' dei GIS"

Quarantacinque anni fa la violenta rivolta dei terroristi domata dalle "Teste di Cuoio" alla loro prima uscita pubblica

Ci sono date che segnano spartiacque indelebili nella storia della lotta al terrorismo in Italia. Una di queste è il 28 dicembre 1980, il giorno in cui il carcere di massima sicurezza di Trani smise di essere un luogo di detenzione per trasformarsi in una roccaforte di guerra. Fu l'inizio di 24 ore di terrore che culminarono con il primo, storico intervento pubblico del GIS (Gruppo di Intervento Speciale) dei Carabinieri.

La rivolta nel Supercarcere
Tutto ebbe inizio alle 15:20 di quella domenica di fine dicembre, subito dopo l'ora d'aria. Un segnale preciso, lanciato dal brigatista Seghetti, diede il via all'inferno: circa 70 detenuti, tra cui spiccavano nomi di peso della criminalità come Renato Vallanzasca e figure di rilievo dell'eversione rossa, presero il controllo della struttura. In ostaggio finirono 18 agenti di custodia (secondo altre fonti 29), in balia dei rivoltosi che si asserragliarono nella "Sezione Blu". Le richieste erano politiche e pesanti: i rivoltosi, autodefinitisi "proletari prigionieri organizzati nel comitato di lotta", rivendicavano il sequestro del magistrato Giovanni D'Urso e chiedevano la chiusura immediata del carcere speciale dell'Asinara.
La tensione era altissima. I detenuti saldarono i cancelli dall'interno per impedire accessi e misero in atto strategie di guerriglia urbana: trasformarono fornelletti da campo in rudimentali bombe a mano e, con una mossa astuta per confondere eventuali tiratori scelti, scambiarono i propri vestiti con le divise degli agenti presi in ostaggio.

L'arrivo delle "Teste di Cuoio"
Mentre all'esterno della struttura un cordone di sicurezza teneva lontani giornalisti e curiosi, a Roma si prendeva una decisione storica. Lo Stato scelse di non trattare e di calare l'asso: il GIS. Il reparto, nato appena due anni prima (nel 1978) su impulso dell'allora Ministro dell'Interno Francesco Cossiga, era un'entità quasi mitologica, mai entrata in azione pubblicamente.
Il 29 dicembre, il cielo sopra Trani si riempì del rumore dei rotori. La scena, degna di un film d'azione, vide due elicotteri Agusta Bell 205 posizionarsi sopra il tetto del carcere. Da lì, operatori mascherati si calarono rapidamente con le funi. Tra loro c'era anche colui che oggi conosciamo come il "Comandante Alfa", il carabiniere più decorato d'Italia, che ancora oggi si commuove ricordando quel battesimo di fuoco.

Un blitz chirurgico
L'operazione fu un capolavoro tattico. Nonostante i cancelli saldati e le trappole, i GIS ripresero il controllo della prigione in pochi minuti. Raffiche di mitra (caricati, si saprà poi, anche con proiettili non letali), esplosioni di diversivo e una rapidità d'esecuzione disarmante portarono alla liberazione degli ostaggi e alla resa dei rivoltosi. Il bilancio fu miracoloso: nessun morto. Gli agenti liberati, trasportati sotto shock all'ospedale di Trani, tremavano così forte da far sbattere le spalliere dei letti contro il muro, ma erano vivi.

L'ombra della vendetta
A coordinare quell'operazione perfetta, da Roma, c'era il Generale dei Carabinieri Enrico Galvaligi. Un successo che le Brigate Rosse non perdonarono. La reazione della colonna romana fu di una ferocia immediata: la sera di San Silvestro, appena due giorni dopo il blitz di Trani, i terroristi Pietro Vanzi e Remo Pancelli tesero un agguato al Generale, uccidendolo. Galvaligi pagò con la vita l'aver dimostrato che lo Stato poteva riprendersi i suoi spazi senza cedere al ricatto.

L'eredità
I fatti di Trani del 1980 svelarono al mondo l'esistenza e l'efficienza del GIS, un reparto unico nel panorama internazionale, i cui operatori sono i soli a possedere contemporaneamente la qualifica di Incursori, quella di Pubblica Sicurezza e quella di Ufficiali di Polizia Giudiziaria. Una "doppia natura" che, 45 anni fa, salvò la vita agli ostaggi nel carcere di via Andria.
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