Scuola De Amicis - Trani
Scuola De Amicis - Trani
I luoghi della memoria

La scuola De Amicis

I luoghi della memoria di Giovanni Ronco

Quando frequentai la scuola elementare De Amicis come alunno della maestra Francesca Leandro, ricordo che era abbastanza diversa rispetto ad oggi, almeno in alcuni punti. Ed alcune aule così com'erano non so se ci siano ancora.

Ricordo che vi era una grande aula di scienze, in fondo ad un corridoio buio, nel quale c'era sempre bisogno di una luce gialla artificiale. L'aula era grande, sembrava una di quelle che poi una quindicina d'anni dopo avrei trovato all'Università di Bari. Ricordo che a destra di una lunga cattedra campeggiava un inquietante scheletro. Vi lascio immaginare che effetto facesse su bambini tra i 6 ed i 10 anni. Prima terrore. Poi sollazzo e lazzo.

Ma il luogo più amato, oggi non più esistente, o meglio molto modificato, della scuola, era il cortile. Qui la maestra ci portava per fare lezioni di ginnastica quando le condizioni metereologiche erano favorevoli. Un bel cortile ampio, con aiuole ed alberi ed un piacevole profumo sia in autunno, con le foglie secche macerate dall'umidità della notte, sia in primavera, coi fiori delle aiuole.

Fra i vari giochi imparati al termine degli esercizi di ginnastica, ricordo " i 4 cantoni", che ancora oggi mi diverto a trasporre metaforicamente per ironizzare sui maneggi della politica e sugli svariati salti della quaglia: destra, sinistra, centro, lista civica, prima con quello, poi contro quest'altro, sempre sul carro , pardon nel "cantone" più comodo e redditizio.

Ricordo l'ufficio del direttore. Mi sembrava un luogo enorme ed inaccessibile e lui mi metteva timore. In verità mi sbagliavo perché si trattava di una bravissima persona come l'indimenticabile Mauro Reggio. Uomo silenzioso ma dalla forte personalità.

L'altro luogo da me amato era la sontuosa Aula Magna. Ero particolarmente orgoglioso di questo posto, perché venivano a celebrare il consiglio comunale e nelle giornate più fredde, non essendoci una palestra, era adibita ad aula per l'educazione fisica. Se non ricordo male abbiamo anche rappresentato qualche recita.

L'uscita da scuola era un momento caotico ma piacevole. Uscivamo mano nella mano, a coppie, ordinatissimi. Ognuno dalla cima della scalinata, che ci sembrava enorme, cercava di vedere dove fossero i propri genitori. A fianco c'era puntuale il carretto di Pasquale da cui comprare cioccolate, patatine o gelati.

Non dimenticherò mai il mio primo giorno di scuola: poiché avevo deliberatamente deciso di frequentare poco e niente l'asilo, che non mi piaceva affatto e che ancora oggi, non so perché,non mi aggrada, mi ero trovato indietro rispetto agli altri compagni che sapevano già scrivere.

Ero però convinto, quando li vidi procedere spediti sui loro quaderni, che fossero stati i loro genitori ad insegnargli a scrivere. Quando la maestra Leandro cominciò a dare le prime consegne, quella mattina di settembre del 1979 che ricordo come fosse ieri, mi guardai intorno spaesato e quando lei mi si avvicinò per chiedermi se qualcosa non andasse, espolsi, già da allora, con un urlo "sgarbiano", quasi in lacrime: "È tutta colpa di mio padre che non mi ha insegnato!". La maestra ancora oggi si ricorda di quell'episodio "folle". In verità fu proprio mio padre, in seguito, a farmi appassionare alla lettura. Poi per la scrittura, come potete vedere, credo di aver recuperato...
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