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Cronaca

Crac ex Psichiatrico di Bisceglie: 28 indagati tra politici, manager e consulenti

Conclusa l'inchiesta della Procura di Trani. Coinvolto anche il senatore Azzollini

La Procura di Trani ha notificato 28 avvisi di conclusione delle indagini per il crac della Casa Divina Provvidenza, l'ex ospedale psichiatrico con sedi a Bisceglie, Foggia e Potenza gravato da debiti per oltre mezzo milione di euro e in amministrazione straordinaria dal dicembre 2013. Nell'occhio del ciclone – a conclusione delle indagini del nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Bari – rimane il senatore Ncd, Antonio Azzollini, per il quale il gip del Tribunale di Trani Rossella Volpe aveva chiesto, il 10 giugno scorso, l'arresto. Richiesta rigettata a luglio da Palazzo Madama e poi a novembre annullata dalla Corte di Cassazione. La posizione del senatore rimane in tutta la sua gravità a leggere le contestazioni del procuratore aggiunto, Francesco Giannella, e del sostituto Silvia Curione. Come rimangono pressoché confermate le contestazioni a carico degli indagati finiti in carcere o ai domiciliari nell'ambito dell'operazione "Ora pro nobis", tutti ex responsabili e consulenti esterni dell'ente ecclesiastico.

In particolare si contesta l'associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta ad Azzollini, agli ex direttori generali Dario Rizzi, Antonio Albano, Giuseppe De Bari e Giuseppe D'Alessandro; alla madre superiora Marcella Cesa e a suor Assunta Puzzello (quest'ultima a capo della Casa di procura Istituto Ancelle della Divina Provvidenza, considerata la cassaforte dell'ente); ai consulenti Antonio Battiante, Rocco di Terlizzi e Augusto Toscani; e ancora ad Adrijana Vasiljevic (jugloslava dipendente dell'ente a Foggia) e Angelo Belsito (considerato amministratore di fatto). Ad Azzolini i magistrati contestano anche una presunta concussione, con l'imposizione ai vertici dell'ente di Di Terlizzi e Belsito, e "assumendo – scrivono i pm - nei confronti della madre superiora, suor Cesa, e delle altre suore del Consiglio generale, un atteggiamento di prevaricazione, compendiato, tra l'altro, nella seguente frase: 'Da oggi in poi comando io, se no, vi piscio in bocca'".

Rispetto alle iniziali 25 posizioni i pm hanno stralciato la posizione degli indagati romani, tra cui Giuseppe Profiti, già presidente dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, che nel novembre 2013 era diventato delegato vicario del commissario apostolico monsignor Luigi Martella, il vescovo di Molfetta scomparso alcuni mesi fa. In particolare Profiti rispondeva del contenuto di alcune intercettazioni che tiravano in ballo l'Idi, l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata di Roma. Nell'avviso di conclusione delle indagini figurano però anche nuovi indagati, che avrebbero concorso alla bancarotta fraudolenta sia pure in misura diversa. In particolare Agatino Lino Mancusi, ex consigliere, assessore e vicepresidente della giunta regionale della Basilicata che avrebbe premuto per far assumere alcune persone. E ancora il direttore amministrativo della Cdp, Marcello Paduanelli, e l'amministratore delegato dell'Ambrosia Technologies, Luciano Di Vincenzo, società fornitrice di pasti e servizi di pulizia.

Di Vincenzo risponde anche lui di concorso in bancarotta fraudolenta, ma la società è finita all'attenzione delle cronache, alcuni giorni fa, dopo che una trentina di suoi dipendenti hanno aggredito il commissario straordinario della Cdp, Bartolo Cozzoli, per costringerlo a revocare la rescissione del contratto di fornitura. Uno di loro, Antonio Nardella, è finito in carcere. Coinvolti anche i due rappresentanti della coop Progetto Assistenza, che forniva infermieri. Ci sono poi tre dipendenti e rappresentanti sindacali che avrebbero avuto una posizione accomodante nei confronti della procedura di mobilità, in cambio di aumenti dei superminimi aziendali concessi loro nonostante la crisi in atto. Figurano infine (ma non in qualità di indagati) i nomi di due esponenti politici biscegliesi, che hanno fatto assumere i loro protetti. Indagata anche Silvia Di Gioia, figlia del deputato foggiano Raffaele Di Gioia, che ottenne un incentivo all'esodo nonostante si fosse dimessa volontariamente.
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