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Politica

Disoccupato suicida, la rabbia di Negrogno

«Urge una rivoluzione che parta dalle urne». Prime reazioni politiche di cordoglio e rabbia per il suicidio di un disoccupato tranese

Prime reazioni politiche di cordoglio e rabbia per il suicidio di un disoccupato tranese di 48 anni. Rino Negrogno, vice segretario della Federazione della Sinistra (partito della coalizione di Fabrizio Ferrante) non nasconde la rabbia per il triste episodio: «E' una notizia devastante. Ho immaginato quest'uomo che, mentre il 27 del mese dovrebbe essere per consuetudine il giorno della riscossione del salario, l'agognato stipendio che per quasi tutti serve solo per coprire le spese ed i debiti, lui, solo con la sua depressione, decideva di farla finita. Ad un uomo di 48 anni prova a spiegargli che la precarietà serve per salvare l'Italia, serve per salvare le banche, gli stipendi e le pensioni dei politici e dei dirigenti, chi ci ha fatto giungere fino a questo stato disastroso. Prova a spiegargli che i governanti, a volte piangendo, altre ridendo, giocano ai dadi sull'articolo 18 come se fosse non il vaso di Pandora ma di più. Sembrano considerarlo un prezioso trofeo da vincere, un trono da espugnare, per poterlo poi fieramente mostrare non tanto ai posteri quanto agli sprovveduti nostri padri che con la lotta e talvolta con la morte l'hanno concepito».

«Ma cosa aspettiamo a fare la rivoluzione?» si chiede Negrogno che spiega: «I tranesi, come gli italiani del resto, sanno solo lamentarsi. Dicono che i politici sono tutti uguali, degli incompetenti, farabutti, ladri. Ma quando gli chiedi di candidarsi e non necessariamente con la mia lista, di candidarsi da qualche parte, di impegnarsi attivamente per mandare via chi fino ad ora non ha fatto nulla per evitare questo stato di cose, ti dicono che non se la sentono, che hanno altro da fare, o che hanno la famiglia. Ma è per la famiglia, per i nostri figli che dobbiamo impegnarci. Non voglio dire che i politici che ci hanno preceduto incarnino necessariamente il male ma se continuano a fare manifesti giganti con promesse che neanche nel paradiso possono permettersi di garantirne la realizzazione e se questi politici fino ad ora, pur avendo governato non hanno realizzato neanche l'uno per cento della loro promessa, vuol dire che non ci riescono. Noi apprezziamo il loro impegno, li ringraziamo e voltiamo pagina».

«Quando andiamo a votare - spiega Negrogno - possiamo fare la rivoluzione. Non dimentichiamolo. Sui nuovi politici possiamo sperare. Peri i vecchi abbiamo delle certezze. A chi ci ha già provato non diamogli un'altra possibilità. Cari concittadini, sono amareggiato ma nel contempo arrabbiato di una rabbia incontenibile. Non chiedo di votare me, ma vi chiedo di fare la rivoluzione, di non dare un'altra possibilità a chi ha già dimostrato di non amare la propria terra. Qualche giorno fa un mio amico mi ha fermato per strada per dirmi che condivide le mie idee e la mia voglia di impegnarmi per il bene della città e dei nostri figli e che mi voterà. Non chiedo voti porta a porta nemmeno alla mia famiglia, i voti per me, se ci saranno, saranno spontanei. Mi ha fermato di nuovo ieri e mi ha confessato di avere avuto delle offerte migliori. Se la politica è merce di scambio, serve al giovane per andare a ballare, al disperato per fare la spesa, la rivoluzione è lontana anzi impossibile e la disperazione vincerà ancora su chi a 50 anni non può mantenere la propria famiglia. Riflettete, ve ne prego».
  • Rino Negrogno
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