Politica
Riforma Gelmini, divisi i docenti universitari di Trani
Lovato: «Perfettibile ma non sbagliata». Distaso: «Penalizzante»
Trani - sabato 11 dicembre 2010
Giusta o non giusta? Da promuovere o da bocciare? Abbiamo chiesto ad alcuni professori tranesi che insegnano all'università di Bari un parere sulla tanto discussa riforma Gelmini. Andrea Lovato, assessore alla cultura del Comune di Trani e docente di diritto romano – sottolineando di voler parlare però solo in qualità di professore – dice che sulla riforma si può discutere ma che non è errata, perché un'università non può disporre di risorse infinite. «Sono d'accordo con la formula che prevede i ricercatori fuori dall'università dopo 4 anni se non sono scientificamente adeguati. Un altro vantaggio del disegno di legge Gelmini è la lotta al nepotismo, anche se alcuni professori potrebbero ovviare con accordi incrociati». Qualitativamente, secondo Lovato, l'università non funziona: «Capisco le preoccupazioni degli studenti e spero che, arrivata in Senato, la riforma sia rivista anche in base alle loro richieste».
Grazia Distaso, preside della facoltà di lettere e docente di letteratura italiana, dice di capire i motivi della protesta: « Gli studenti temono la privatizzazione delle università. I ragazzi delle facoltà umanistiche hanno prospettive scarse e precarie nell'ambito dell'insegnamento». Le penalizzazioni riguardano anche i ricercatori, che svolgono compiti che non sono di loro competenza (come la docenza) e nonostante ciò, non si vedono premiati. «L'università meridionale sarà quella più in difficoltà, perchè la riforma prevede che il parametro di valutazione sia l'occupazione dei laureati, e al sud c'è meno lavoro». I disagi toccano anche i professori, perché i docenti in pensione non saranno sostituiti e mancherà il turn-over.
Vito Santoro, docente a contratto presso la facoltà di lettere, pensa che l'università abbia bisogno di una riforma basata su merito e valutazione dei titoli. «Nessun governo farà mai una riforma che tocchi l'abolizione legale del titolo di studio». Inoltre secondo Santoro «il ministro che la propone non è una persona culturalmente credibile, stando al suo curriculum scadente. La riforma si è proposta come contro i baroni ma è nata in realtà da trattative con la conferenza dei rettori. Non ha una copertura finanziaria adeguata: saranno dimezzati gli stipendi e le borse di studio per il dottorato ed aumentate le tasse. Gli studenti non vedono futuro».
Grazia Distaso, preside della facoltà di lettere e docente di letteratura italiana, dice di capire i motivi della protesta: « Gli studenti temono la privatizzazione delle università. I ragazzi delle facoltà umanistiche hanno prospettive scarse e precarie nell'ambito dell'insegnamento». Le penalizzazioni riguardano anche i ricercatori, che svolgono compiti che non sono di loro competenza (come la docenza) e nonostante ciò, non si vedono premiati. «L'università meridionale sarà quella più in difficoltà, perchè la riforma prevede che il parametro di valutazione sia l'occupazione dei laureati, e al sud c'è meno lavoro». I disagi toccano anche i professori, perché i docenti in pensione non saranno sostituiti e mancherà il turn-over.
Vito Santoro, docente a contratto presso la facoltà di lettere, pensa che l'università abbia bisogno di una riforma basata su merito e valutazione dei titoli. «Nessun governo farà mai una riforma che tocchi l'abolizione legale del titolo di studio». Inoltre secondo Santoro «il ministro che la propone non è una persona culturalmente credibile, stando al suo curriculum scadente. La riforma si è proposta come contro i baroni ma è nata in realtà da trattative con la conferenza dei rettori. Non ha una copertura finanziaria adeguata: saranno dimezzati gli stipendi e le borse di studio per il dottorato ed aumentate le tasse. Gli studenti non vedono futuro».