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«Archivio di Stato a Barletta? E' la storia a dire no»

Mario Schiralli avvia la crociata anti-scippo. «Puntando ad appropriarsi di uno status che spetta a Trani»

Corsi e ricorsi storici. A distanza di poco meno di trent'anni, ecco che qualcuno tenta nuovamente di depauperare la sede di Trani dell'Archivio di Stato: una prima volta tentando di attingere dal patrimonio dei documenti ora puntando ad appropriarsi di uno status che spetta a Trani e non ad altri per comprovati motivi storici e legislativi, e non certamente campanilistici. «Ma come allora la storia fece valere le proprie ragioni, forte dei diritti acquisiti, anche questa volta il tutto dovrebbe risolversi a favore di Trani». La pensa così Mario Schiralli, presidente della Federazione della Sinistra di Trani e già direttore della biblioteca Giovanni Bovio. Schiralli aveva stretti rapporti di collaborazione con l'Archivio per manifestazioni culturali, tra cui una sulle pergamene e sui libri antichi, preziosissimo patrimonio delle due Istituzioni.

La notizia, di questi giorni, com'è noto, vede Barletta, sede della prefettura della Bat, Provincia policentrica dove tutte e tre le città dovrebbero avere pari dignità, invocare il cambio dello status da sezione ad Archivio di Stato. La sezione di Barletta, lo ricorda anche il funzionario Michele Grimaldi (Gazzetta del Nordbarese del 7 agosto 2011) fu istituita nel 1976 da un barlettano doc, Giuseppe Di Benedetto, direttore dell'Archivio di Stato di Bari, ora in pensione. «Non sarebbe un dono piovuto dal cielo - sostiene Michele Grimaldi - ma il riconoscimento di un duro e proficuo lavoro svolto dagli operatori della sezione di Barletta in oltre trent'anni». Qualcosa del genere la sostenne lo stesso Di Benedetto negli anni '80, qualche anno dopo la nascita della sezione barlettana, quando tentò di depauperare il patrimonio della sede tranese per incrementare quello della sua città che aveva solo atti del Comune, del catasto dei terreni e dei fabbricati della Provincia, nonché l'archivio di vari Enti comunali di assistenza in vita fino agli anni sessanta. L'amministrazione di Trani, non appena la notizia del probabile trasferimento dei documenti diventò di dominio pubblico sulle pagine della Gazzetta dell'epoca (della quale Schiralli era corrispondente), reagì a muso duro, reiterando con forza l'inamovibilità dei documenti dalla sede tranese, tant'è che non vi fu nessuno spostamento. Anzi, dopo l'incontro a Trani del direttore Di Benedetto con il sindaco e gli assessori si addivenne ad un potenziamento delle strutture logistiche della sede di Trani.

«La sede di Trani – ricorda Schiralli - risale al 1818 quando il re ne decretò l'istituzione, insieme con Lucera, perché entrambe le città erano state fino a pochi anni prima, capoluoghi di Provincia e sedi di Corte d'appello, con giurisdizione su diversi Comuni». Gli Archivi di Stato, pertanto, sono istituzioni strettamente legate ai tribunali e la sede di Trani fu un'istituzione diretta, diventando da Archivio suppletorio dell'Archivio provinciale di Bari (1853) a sezione autonoma con decreto ministeriale del 22 marzo 1965. E sembra che solo per ragioni di spazio, le carte della Sacra regia udienza (ebbe sede nello stesso palazzo ove è ubicato da sempre l'Archivio di Stato insieme con quello Notarile), della corte criminale del periodo napoleonico, della gran corte criminale e della gran corte della restaurazione (tutte istituzioni di Trani), sono conservate, invece, nell'Archivio di Stato di Bari.

«Il duro lavoro di due secoli, e non di trent'anni – conclude Schiralli - non può essere cancellato d'un sol colpo. Modificando lo status della sede di Barletta equivarrebbe senza dubbio ad un declassamento di quella di Trani. Ed è ciò che il sindaco Tarantini non vuole né deve permetterlo. Perché purtroppo, anche altrove lo sanno, la storia di Trani è già ampiamente colma di scippi famosi. A cominciare dal 1808».
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