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Vita di città

«Caro Pinuccio, sono altre le cose di cui dovresti occuparti»

Lettera aperta di Rino Negrogno al sindaco di Trani. Pubblichiamo integralmente il testo, senza sforbiciate

In un momento molto particolare della vita amministrativa e politica della città di Trani, sta prendendo quota il ricorso alle lettere aperte con mittente e destinatario, a seconda dei casi, il sindaco di Trani, Giuseppe Tarantini. A lui si rivolge Rino Negrogno, non in vesti politiche ma da semplice cittadino. Una lettera appassionata, che trae spunto dalla missiva con cui il primo cittadino ha salutato il ritorno editoriale di Giovanni Ronco su TraniViva dopo altra esperienza professionale. Abbiamo voluto pubblicare integralmente questo testo, senza sforbiciate, ritenendo cosa giusta non toccar nulla. Il Negrogno pensiero, dunque, viene proposto in versione integrale.
Caro Pinuccio Tarantini,
ti scrivo pubblicamente questa mia, non come esponente della Federazione della Sinistra, non come aspirante politico ma come cittadino, come infermiere, un infermiere che ha lavorato con te nel reparto di Ematologia, fiore all'occhiello del nostro martoriato ospedale e della nostra città. Quando lavoravo con te, pur essendo stato sempre un inguaribile comunista, guevarista e marxista, ti ho sostenuto e votato per la prima candidatura come sindaco, nonostante tu fossi in un partito che solo a nominarlo ho un attacco di idiosincrasia. Ma non ho nessun timore a dichiarare pubblicamente questo fatto. Ti ho votato perché conoscevo Pinuccio Tarantini medico, uomo e ne apprezzavo ed apprezzo le sue qualità umane ed intellettuali. Un medico che si relazionava con tutti i suoi collaboratori, dal primario all'operatore tecnico, allo stesso modo, con la stessa attenzione, interesse ed umiltà. Un medico che si preoccupava non solo della malattia dei suoi pazienti ma anche della loro situazione psicosociale, dando anche una mano in più a chi, oltre ad essere malato, aveva anche una condizione sociale ed economica drammatica. Un uomo che stimavo e stimo molto. La seconda volta non t'ho votato.

Non ti scrivo per lodare Cesare ma non pensare ad una captatio benevolentiae iniziale, sono libero e sincero e non ho bisogno della benevolenza di nessuno. Non ti nego che anch'io ho pensato ad una tua captatio benevolentiae pro-post-Tarantini leggendo la lettera all'esimio Giovanni Ronco ma omnia munda mundis. Ti scrivo, invece, per esprimerti la delusione e l'amarezza che inondano il mio cuore in questi giorni. La stessa lettera al povero Giovanni, per i suoi avversi numi e le sue secrete cure, mi ha lasciato basito. Sembri un uomo adirato, accecato dalla rabbia, cosa che non ti si addice.

Scrivi che ti piacerebbe conoscere l'identità del suo persecutore. Perché? Cosa vorresti farne? Se vuoi te lo dico io chi è il crudele censore del nostro Santoro tranese. Ti parlerei di un grande uomo che meriterebbe un riconoscimento da parte della sua città per il cospicuo contributo storico e culturale che da sempre offre. Ti parlerei di un uomo di cultura e di grande umiltà condannato, negli anni del tuo governo, a damnatio memoriae, al buio perché non vive nella tua stessa luce. Ma non credo sia più importante della censura praticata nei confronti dei tuoi assessori, determinata con revoche a raffica degli incarichi, un dissolvimento di rapporto fiduciario verso dei delegati che hanno solo nutrito delle perplessità, che vuol dire: parliamone per giove. Altro che censura. Loro non hanno parlato sempre e solo male di te. Tu sei il sindaco ed un sindaco non può e non deve parlare così. Tu sei il sindaco anche dei falliti che sono nel buio (se esistono dei falliti) e non solo di chi, vivendo nella luce, è dalla tua parte ed è illuminato. Ma io non credo che esistano dei falliti o esistano dei falliti che si occupano dell'imparziale Giovanni o almeno non esistono per un sindaco, egli non deve occuparsene. Un sindaco deve occuparsi dei cittadini, quelli senza lavoro, quelli senza casa, quelli disperati che non possono dar da mangiare ai loro figli. Deve occuparsi delle strade bucate come un groviera, deve valorizzare i quartieri della periferia, deve favorire gli imprenditori per bene, deve accendere la luce dello stadio, deve far splendere e far volare la sua città. Deve far luce, così, senza il buio, tutti saremo illuminati e nessuno potrà fallire. Invece di cosa ti occupi? Di certi figuri nell'ombra, di malefiche tele che al massimo possono interessare l'Alda D'Eusanio o a politici in cerca di scoop che si devono candidare alle prossime elezioni, pervasi da questo improvviso e disinteressato amore. Vedi tu hai anche questo vantaggio, non devi candidarti come sindaco.

So che non posso permettermi di darti consigli ma se fossi in te lascerei perdere certe guerre come quella della stabilizzazione dei dirigenti. Come ho già scritto altre volte, non voglio entrare nel merito della discussione giuridica, non sono un tecnico e non sta a me dire se il fatto sia legale o meno. Nemmeno mi permetterei mai di dubitare sulle qualità dei due dirigenti. La stabilizzazione dei precari è una cosa sacrosanta ma non può essere condivisa se vale solo per due persone tra l'altro dirigenti scelti da te. Se proprio si voleva fare una battaglia si doveva fare un percorso che portasse a stabilizzare tutti i precari di Trani e in mezzo a tutti, si chiudeva un occhio e si faceva passare pure i dirigenti. E saremmo stati tutti felici e contenti. Con una stabilizzazione di questo tipo si rilancia l'economia della città perché se non ho la certezza di un lavoro stabile non mi metto un mutuo per acquistare la casa, non metto al mondo un figlio, non compro pavimenti o scarpe, non sono libero di dire la mia e di votare il mio candidato preferito. Se i pavimenti e le scarpe le comprano due persone la città e le sue aziende restano come sono, ferme. Capram primam in alteram ripam transfer.

Voglio citare un'altra frase del nobile Antonio del Giulio Cesare di Shakespeare: «Il male che si fa vive dopo di noi, il bene è spesso sepolto con le ossa». Caro Pinuccio Tarantini, sono certo che non risponderai a questa mia ma sono altrettanto certo che la leggerai e questo mi basta. Ad maiora. Con affetto e stima.

Rino Negrogno
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