
Associazioni
Centro Jobel, da oltre vent'anni al servizio degli ultimi
Qui trovano posto persone con problemi psichici e anche famiglie in difficoltà
Trani - lunedì 7 marzo 2016
10.27
Qualche settimana fa è finito alla ribalta nazionale con un servizio di Paolo Di Giannantornio nell'ambito della trasmissione di approfondimento del Tg1, Tv7. Quest'anno il centro Jobel di Trani festeggerà il decennale dell'attivazione dell'attuale sede in via Di Vittorio, in zona Stadio. Ma la storia del centro parte nel 1995 con Fortunato Ferrara e don Mimmo De Toma, che diedero vita all'associazione Promozione Sociale e Solidarietà. Oggi è la cooperativa omonima a gestire il centro. E oggi, come ieri, è una storia di quotidiana straordinarietà che per molti vuol dire una casa, un pasto caldo, un'attività di (quasi) lavoro. In altre parole, una via d'uscita dal baratro. Perché le storie di Michele o Vincenzo, oggi ospiti di questo centro, non sono poi molto diverse. Sono storie che parlano di un passato difficile e di una voglia di riscatto mai sopita. Ma anche di abbandono da parte di famiglie che non hanno voluto o potuto accettare il "diverso". Al centro Jobel di Trani oggi nessuno è diverso.
Il centro che conosciamo - presieduto da Vanna Capurso e aperto anche per molte attività dell'oratorio della parrocchia Madonna del Pozzo e a luglio per il festival teatrale "Il Giullare" - è molto diverso dal primo esperimento di vent'anni fa. Fortunato Ferrara, primo caso in Italia di detenuto uscito dal carcere in base all'articolo 21 per fare volontariato, decise di spendere la sua vita per aiutare chi veniva in particolare da un'esperienza come la sua. Il primo centro nacque in un capannone in via Finanzieri, dove Ferrara ha gestito il centro per "drop-out" di Oasi 2 (la struttura dove Ferrara aveva fatto volontariato dopo essere uscito dal carcere nel 1989). Ma per portarlo avanti chiese, appunto, l'aiuto della parrocchia Santa Maria del Pozzo così da poter allestire una struttura più adatta.
Si cambiò la sede, utilizzando edifici in corso Vittorio Emanuele e poi corso Imbriani. E ben presto cambiarono anche i protagonisti di questa attività, fino ad arrivare alla gestione della cooperativa Promozione Sociale e Solidarietà, che a tutt'oggi è responsabile della struttura. E' solo nel 2000 che, sul terreno donato alla parrocchia da Michele e Luisa De Camelis, iniziò la costruzione del nuovo centro insieme all'oratorio parrocchiale. Il nome Centro Jobel è legato proprio al momento della posa della prima pietra, il 2000, anno del Giubileo: perché il corno (jobel) veniva utilizzato per chiamare a raccolta i fedeli nell'anno giubilare. Ma bisogna arrivare al 7 maggio 2006 per vederlo inaugurato.
Oggi in via Di Vittorio è attivo un "centro per la vita" per adulti con problematiche psico-sociali a basso livello assitenziale, in cui è possibile assistere fino a 12 persone. Ma al momento ce ne sono 10. Oltre agli spazi per questi ospiti fissi, sono disponibili due camere per assistere famiglie segnalate dal centro di Pronto intervento sociale. E' il caso di persone sfrattate, che si trovino in situazione di estrema emergenza (purché non si tratti di alcolisti, tossicodipendenti o disabili gravi).
Poi è attivo il centro diurno socio-educativo e riabilitativo con un'autorizzazione fino a 20 posti. Al momento la convenzione riguarda solo 10 persone, che nel centro arrivano la mattina alle 9 e vi rimangono fino alle 17. Qui trovano pasti, servizi di igiene personale e attività dei laboratori. «Diamo loro una piccola possibilità di reinserimento lavorativo, perché nei laboratori si realizzano bomboniere o inviti in carta riciclata, anche questa realizzata qui», spiega Cinzia Angarano, una delle educatrici del centro. «Questi lavori sono poi venduti nel negozio Marketico». A queste attività si aggiunge quella del teatro. Attualmente gli ospiti del centro interpretano monologhi comici, scritti in prima persona e realizzati partendo dalle loro esperienze di vita. Come Michele che racconta del suo chiodo fisso, le donne. Sul palco hanno un insegnante d'eccezione: Marco Colonna del duo Marco & Chicco di Zeling.
Nel complesso Jobel è attivo anche il centro antiviolenza, cui si rivolgono donne per una consulenza legale e anche assistenza psicologica. Non è raro che, al termine del periodo di assistenza, le donne maturino la decisione di denunciare mariti e compagni violenti. Il centro non provvede direttamente ad ospitare le donne vittime di violenza. Ma questo può accadere, in caso di emergenza, per i casi segnalati dal Pronto intervento sociale. E' attivo, infine, anche un centro socio-educativo diurno per minori (la ludo-ausilio ludoteca) con quattro bambini in convenzione con il Comune e altri 12 seguiti privatamente. Qui i bambini arrivano dopo la scuola e vengono seguiti nelle attività se hanno problemi di linguaggio (come la dislessia) o di altro genere che richiedono assistenza specialistica.
Per tutte queste attività - grazie a quella che da alcuni anni è diventata cooperativa Promozione Sociale e Solidarietà - lavorano 18 persone, con contratti a tempo indeterminato, part time o determinato. A queste si aggiungono laureandi per i tirocini, persone affidate dal tribunale per la messa alla prova o per scontare pene alternative al carcere e, a breve, anche i giovani del servizio civile. «Nel centro diurno - spiega Marco Pentassuglia, uno dei responsabili del centro Jobel e già presidente - abbiamo l'obbligo di avere un educatore ogni 5 ospiti; un operatore socio sanitario ogni 15 e un assistente sociale ogni 10; nella "casa per la vita" ci sono un educatore e un assistente sociale ogni otto ospiti e un operatore socio-sanitario ogni 15, con copertura dei turni notturni».
Un lavoro quotidiano, che non conosce soste e che ha un unico obiettivo: dare una vita a chi aveva perso anche la speranza.
Il centro che conosciamo - presieduto da Vanna Capurso e aperto anche per molte attività dell'oratorio della parrocchia Madonna del Pozzo e a luglio per il festival teatrale "Il Giullare" - è molto diverso dal primo esperimento di vent'anni fa. Fortunato Ferrara, primo caso in Italia di detenuto uscito dal carcere in base all'articolo 21 per fare volontariato, decise di spendere la sua vita per aiutare chi veniva in particolare da un'esperienza come la sua. Il primo centro nacque in un capannone in via Finanzieri, dove Ferrara ha gestito il centro per "drop-out" di Oasi 2 (la struttura dove Ferrara aveva fatto volontariato dopo essere uscito dal carcere nel 1989). Ma per portarlo avanti chiese, appunto, l'aiuto della parrocchia Santa Maria del Pozzo così da poter allestire una struttura più adatta.
Si cambiò la sede, utilizzando edifici in corso Vittorio Emanuele e poi corso Imbriani. E ben presto cambiarono anche i protagonisti di questa attività, fino ad arrivare alla gestione della cooperativa Promozione Sociale e Solidarietà, che a tutt'oggi è responsabile della struttura. E' solo nel 2000 che, sul terreno donato alla parrocchia da Michele e Luisa De Camelis, iniziò la costruzione del nuovo centro insieme all'oratorio parrocchiale. Il nome Centro Jobel è legato proprio al momento della posa della prima pietra, il 2000, anno del Giubileo: perché il corno (jobel) veniva utilizzato per chiamare a raccolta i fedeli nell'anno giubilare. Ma bisogna arrivare al 7 maggio 2006 per vederlo inaugurato.
Oggi in via Di Vittorio è attivo un "centro per la vita" per adulti con problematiche psico-sociali a basso livello assitenziale, in cui è possibile assistere fino a 12 persone. Ma al momento ce ne sono 10. Oltre agli spazi per questi ospiti fissi, sono disponibili due camere per assistere famiglie segnalate dal centro di Pronto intervento sociale. E' il caso di persone sfrattate, che si trovino in situazione di estrema emergenza (purché non si tratti di alcolisti, tossicodipendenti o disabili gravi).
Poi è attivo il centro diurno socio-educativo e riabilitativo con un'autorizzazione fino a 20 posti. Al momento la convenzione riguarda solo 10 persone, che nel centro arrivano la mattina alle 9 e vi rimangono fino alle 17. Qui trovano pasti, servizi di igiene personale e attività dei laboratori. «Diamo loro una piccola possibilità di reinserimento lavorativo, perché nei laboratori si realizzano bomboniere o inviti in carta riciclata, anche questa realizzata qui», spiega Cinzia Angarano, una delle educatrici del centro. «Questi lavori sono poi venduti nel negozio Marketico». A queste attività si aggiunge quella del teatro. Attualmente gli ospiti del centro interpretano monologhi comici, scritti in prima persona e realizzati partendo dalle loro esperienze di vita. Come Michele che racconta del suo chiodo fisso, le donne. Sul palco hanno un insegnante d'eccezione: Marco Colonna del duo Marco & Chicco di Zeling.
Nel complesso Jobel è attivo anche il centro antiviolenza, cui si rivolgono donne per una consulenza legale e anche assistenza psicologica. Non è raro che, al termine del periodo di assistenza, le donne maturino la decisione di denunciare mariti e compagni violenti. Il centro non provvede direttamente ad ospitare le donne vittime di violenza. Ma questo può accadere, in caso di emergenza, per i casi segnalati dal Pronto intervento sociale. E' attivo, infine, anche un centro socio-educativo diurno per minori (la ludo-ausilio ludoteca) con quattro bambini in convenzione con il Comune e altri 12 seguiti privatamente. Qui i bambini arrivano dopo la scuola e vengono seguiti nelle attività se hanno problemi di linguaggio (come la dislessia) o di altro genere che richiedono assistenza specialistica.
Per tutte queste attività - grazie a quella che da alcuni anni è diventata cooperativa Promozione Sociale e Solidarietà - lavorano 18 persone, con contratti a tempo indeterminato, part time o determinato. A queste si aggiungono laureandi per i tirocini, persone affidate dal tribunale per la messa alla prova o per scontare pene alternative al carcere e, a breve, anche i giovani del servizio civile. «Nel centro diurno - spiega Marco Pentassuglia, uno dei responsabili del centro Jobel e già presidente - abbiamo l'obbligo di avere un educatore ogni 5 ospiti; un operatore socio sanitario ogni 15 e un assistente sociale ogni 10; nella "casa per la vita" ci sono un educatore e un assistente sociale ogni otto ospiti e un operatore socio-sanitario ogni 15, con copertura dei turni notturni».
Un lavoro quotidiano, che non conosce soste e che ha un unico obiettivo: dare una vita a chi aveva perso anche la speranza.
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