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Cronaca

Spaccio di droga e detenzione armi: sette arresti a Trani, Foggia e Siderno. I dettagli dell'operazione

L'indagine Knockout condotta dalla stazione dei carabinieri di Trani e coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia di Bari

Dalle 4 del mattino, con l'ausilio di elicotteri, 50 militari elicotteri e unità cinofile, a Trani, Siderno (Reggio Calabria) e Foggia sono state eseguite ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di bari, Francesco Mattiace, nei confronti di sette persone accusate a vario titolo di spaccio di droga e detenzione di armi: quattro sono finiti in carcere e tre ai domiciliari. Due le donne arrestate. L'operazione è stata condotta con la collaborazione delle unità operative di Foggia e Locri.

L'operazione


L'operazione denominata "Knockout" è stata coordinata dalla pm della Direzione distrettuale Antimafia di Bari, Daniela Chimienti - e aveva la sua genesi in un'altra operazione di sequestro di armi e sostanze stupefacenti avvenute a Trani nell'aprile 2019.

Nel contesto in cui si è svolta l'indagine hanno avuto un ruolo determinante le intercettazioni ambientali che hanno dato i migliori risultati per giungere infine agli arresti. Una delle armi era stata trovata in una abitazione privata all'interno di un fasciatoio per neonati.

Gli arrestati sono tutti di Trani e avevano tutti pregiudizi di polizia in materia di sostanze stupefacenti. Uno dei tranesi arrestati era domiciliato a Siderno.

Due dei sette arrestati, già destinatari di una misura cautelare eseguita nel giugno 2019 nei confronti di pregiudicati di Trinitapoli, sono ritenuti vicini al clan Carbone-Gallone.

La dinamica dello spaccio vedeva la presenza di una donna che distribuiva almeno ad altri tre degli arrestati di oggi, i quali poi spacciavano grazie a altri soggetti a loro vicini.

In questa operazione sono stati fatti sequestri minimali (parliamo di articolo 75, dunque condotte illegali impiegate all'uso personale di sostanze stupefacenti); i sequestri importanti erano avvenuti tutti il 13 aprile 2019 ossia 4 Kg di Hashish e marijuana che al dettaglio avrebbero fruttato ai malviventi circa 40.000 euro oltre a un revolver e una mitraglietta considerata da guerra "Uzi" con i relativi munizionamenti e un giubbetto antiproiettile. Quest'ultimo dettaglio ha fatto ritenere che questi personaggi fossero capaci di azioni molto più cruente dello spaccio.

"L'humus su cui si sviluppano le dinamiche di spaccio - ha affermato il maggiore Francesco Nacca nella conferenza stampa - spesso celano ben altri reati di altra natura e molto gravi per questo l'azione è stata condotta con impegno e costanza". La stazione di Trani ha trovato una collaborazione importante coi carabinieri di Foggia sotto la direzione della Procura di Bari per arginare questa azione criminale che stava prendendo sempre più piede nella BAT.

Le indagini


Le indagini, affidate ai Carabinieri della Stazione di Trani, hanno reso possibile accertare gravi indizi a carico degli indagati che sfruttavano l'abitazione di Romanelli Gennaro, incensurato e padre di Romanelli Salvatore, per detenere grossi quantitativi di droga e armi anche da guerra. La stura per le indagini è stata data dall'operazione condotta dalla Stazione Carabinieri di Trani del 13 aprile 2019 allor quando arrestarono i Romanelli perché trovati in possesso di circa 4 kg tra hashish e marijuana nonché un giubbotto antiproiettile, un revolver ed una mitraglietta considerata arma da guerra con il relativo munizionamento. Le indagini condotte dallo stesso reparto sotto la direzione della Procura Distrettuale di Bari, hanno consentito di acclarare che le abitazioni dei Romanelli erano un vero e proprio "deposito" di droga da cui Capogna Luisa la prelevava mettendola a disposizione per il successivo smercio da parte di Presta Armando, Sebastiani Emanuele e Soldano Luca.

Le captazioni in carcere hanno consentito di accertare che non era la prima volta che tutti gli indagati sfruttavano l'abitazione di Romanelli Gennaro come "base logistica" per la detenzione di droga e armi e, anzi, per celare queste ultime utilizzavano anche un fasciatoio sotto il quale era occultata una pistola prelevata da Lupo Debora, tra l'altro moglie di Romanelli Salvatore e nuora di Gennaro, consegnandola a Sebastiani Emanuele. L'attività investigativa ha consentito di accertare un forte legame di "mutuo soccorso" fra tutti gli indagati. Infatti si è potuto accertare che alle spese legali seguite all'arresto dei Romanelli avrebbe provveduto il Soldano Luca congiuntamente ad altre persone. Ciò si riprova proprio dell'aiuto reciproco che gli indagati prestavano tra loro. Il sostegno reciproco inoltre non era solo "limitato" al pagamento delle spese processuali. Gli indagati si preoccupavano anche di fornire un sostegno alle famiglie dei ristretti in carcere e dalle intercettazioni emerge rammarico per la mancanza di questo genere di supporto in questa circostanza.

L'operazione odierna è, in parte da mettere in relazione con l'operazione Nemesi condotta dai Carabinieri di Foggia in cui, il 7 giugno 2019, rimasero coinvolti il Presta e il Sebastiani venendo attinti da misura cautelare in carcere. Questi due, infatti, insieme sono stati considerati un gruppo di fuoco a disposizione del clan Carbone-Gallone. I due avrebbero dovuto compiere un'azione di fuoco nel comune di San Ferdinando di Puglia nei confronti del clan avverso Valerio-Visaggio. Propositi omicidiari, dunque, fermati solo grazie alle indagini dei Carabinieri operanti anche nei comuni di Trani e Bisceglie. Proprio in quest'ultimo Comune infatti nel maggio del 2019 veniva arrestato Presta Armando per la violazione sulla normativa alla sorveglianza speciale cui era sottoposto. In quella circostanza questi era accompagnato da Sebastiani Emanuele ed avevano appena incontrato il principale esponente del clan Carbone-Gallone, Giuseppe Gallone.

Nei primi mesi del 2019 erano forti le fibrillazioni fra i gruppi criminali organizzati che operano tra il sud Foggiano e il nord della provincia Barletta-Andria-Trani. L'impeccabile direzione dell'Autorità Giudiziaria della Procura Distrettuale Antimafia di Bari però, supportata da un diuturno, intensissimo e proficuo coordinamento "real time" di molti reparti dei Carabinieri attraverso il quale è stato possibile realizzare una massiccia, penetrante e qualificata manovra info-investigativa, ha consentito di contenere le azioni di fuoco dei clan che si combattevano.

Gli indagati

1. Capogna Luisa, classe 1982;

2. Presta Armando, classe 1971;

3. Romanelli Salvatore, classe 1982;

4. Sebastiani Emanuele, classe 1976;

5. Lupo Debora, classe 1998;

6. Romanelli Gennaro, classe 1955;

7. Soldano Luca, classe 1976.

La misura carceraria è stata applicata nei confronti degli indagati indicati dal numero 1 al 4. Ai restanti sono stati inflitti gli arresti domiciliari. Con il rito abbreviato sia il Presta che il Sebastiani sono già stati condannati in primo grado a 3 anni e 4 mesi di reclusione più la multa di 10 mila euro per i reati contestati loro con l'aggravante prevista dall'art. 416bis 1 (cosiddetto" metodo mafioso").
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