Enti locali
«Un centrodestra responsabile non può fare l'errore di frazionare il consenso»
Riflessioni di Tarantini sulla convention di Futuro e Libertà
Trani - giovedì 11 novembre 2010
«Alla febbrile ricerca di elementi ideologici, politici e semantici che giustificassero la più grave scissione della storia della destra italiana poichè la prima con il centrodestra al governo, ho guardato con attenzione la convention (una volta, prima di Berlusconi, si diceva convegno, incontro, congresso) di Futuro e Libertà a Perugia. Ho proceduto, da buon medico in visita, dapprima all'ispezione e qui ho notato le prime novità: piuttosto che un simbolo in cui campeggiava la scritta Berlusconi ne ho visto un altro con la scritta Fini, i capitani che occupavano la quarta ora sono diventati colonnelli e hanno guadagnato la prima fila, il leader è entrato nella sala interrompendo i lavori già iniziati, circondato da telecamere e guardie del corpo ma effettivamente non c'è stato l'inno "Meno male che Gianfranco c'è".
Sono passato quindi all'altra fase della visita (visto che in politica la palpazione e la percussione non dovrebbero esserci): l'ascoltazione. Ho dunque ascoltato l'intervento di Italo Bocchino che a un certo punto ha detto: "In questo partito, caro Gianfranco, non vi saranno rendite di posizione, siamo tutti in discussione tranne te". Qui è emersa un'altra grande differenza perchè con questa parafrasi del noto "Mussolini ha sempre ragione" si è passati dal "centralismo carismatico" di cui Fini accusò Berlusconi al "centralismo ieratico" in cui Bocchino sembra quasi riproporre in chiave politica il dogma dell' infallibilità del Papa.
Ho quindi atteso il discorso del Presidente Fini. Finalmente, all'ora di pranzo e dei tg, ha preso la parola. All'inizio non ci sono state novità, a parte la citazione del lungo brano tratto dal "Piccolo principe" già usato da Veltroni, ma poi ha iniziato a parlare di nazione, della società, dei giovani, di meritocrazia, di comunità, di sud, delle missioni dei nostri soldati all'estero, dell'integrazione degli immigrati nel rispetto delle leggi, del rispetto della magistratura (che però non significa dire, alla Granata o alla Di Pietro, che la magistratura ha sempre ragione) e delle Istituzioni esprimendo tesi che è sempre opportuno ribadire. Ha quindi parlato di diritti civili, senza entrare nel merito, non era certo il caso, di eutanasia o unioni civili ed ha quindi attaccato con novità assolute tipo la vergognosità dell'attuale legge elettorale o l'inadeguatezza ("unfit" disse l'Economist) del comportamento politico e personale di Berlusconi chiedendone le dimissioni da primo ministro fra gli osanna dei presenti.
Ecco le due vere novità per le quali si sta buttando a mare non solo un Governo, che è per sua natura transitorio, ma soprattutto l'impegno di tante persone che in periferia come a Roma si sono impegnate in tutti i modi per favorire la coesione e l'amalgama di tutte le compenenti che si riferiscono al centrodestra secondo l'insegnamento di Pinuccio Tatarella cui tutto il gruppo dirigente di Futuro e Libertà, a cominciare da Fini, deve il proprio successo politico e personale. Sulla legge elettorale siamo d'accordo, ma fu lo stesso Fini a sostenere la sua giustezza perchè avrebbe eliminato quel rischio di finanziamenti illeciti che caratterizza la ricerca di molte preferenze. Siccome sullo stesso principio in Italia si regge il finanziamento pubblico dei partiti perchè, dunque, non abolirlo come peraltro deciso dal popolo italiano in un referendum promosso anni fa dai Radicali? E, giacchè ci siamo, perchè non riprendere quella modifica costituzionale propugnata dal Msi per sottoporre al controllo dello Stato i bilanci dei partiti e dei sindacati?
Su Berlusconi, sulla cui moralità vorrei che tutti ci si interrogasse sull'evangelica possibilità di scagliare la famosa prima pietra, è credibile sbertucciare ora quel leader al fianco del quale si è stati per sedici anni affrontando e quasi sempre vincendo tutte le battaglie elettorali? Passando dal faceto a toni più seri, io che sono un esempio di ormai vecchio militante di periferia, non ho dissentito quasi su una sola parola di ciò che Fini ha detto a livello programmatico e valoriale, osservo che programmi e valori sono noti e compatibili con il Pdl, conseguentemente mi chiedo: a che serve fondare un nuovo partito? A che pro mettere in dubbio la sopravvivenza non solo del governo centrale ma anche quella, conseguentemente, di tantissime amministrazioni locali? E' sufficiente dire: "Ma Fini è stato cacciato?". E ammesso e non concesso che quello fosse stato un provvedimento eccessivo (io non lo penso) è necessario morire per Fini-Danzica? E' giusto per noi ex An ed ex Msi essere da questa diaspora divisi tra finiani e non finiani che divengono, ipso facto, berlusconiani?
A questo punto, anzi, mi chiederei, quali sono le differenze, nell'ambito degli ex An, tra coloro che sono rimasti nel Pdl e quelli che hanno scelto Fli a Roma e sul territorio.
1) I primi credono nel partito unico del centro destra, i secondi (dopo più o meno un anno dalla sua fondazione) non più;
2) I primi continuano a pensare che la destra sia comunità, identità, tradizione, i secondi evidentemente no (purtroppo le differenze più dolorose nei contenuti sono proprio sui temi legati a questi concetti);
3) I primi continuano a credere (dopo averlo fatto per tutta la vita) nel presidenzialismo e nella elezione diretta del capo del Governo, i secondi, visto che non ne parlano più, evidentemente no;
4) I primi continuano a pensare che non piacere ai nostri avversari di sempre, non tanto sul piano politico quanto su quello culturale, sia segno di anticonformismo, ribellismo all'egemonia, personalità autentica, consapevolezza della propria storia e dei propri mezzi, i secondi invece ormai hanno tutti e due i piedi nel salotto buono del radical progressismo italiano che, alla perenne ricerca di togliattiani "utili idioti", li butterà via dopo averli usati;
5) I primi, usciti dalla casa del padre (il Movimento sociale), non hanno smarrito l'educazione ricevuta in quella casa e cioè fedeltà alla parola data, lealtà, rispetto della volontà degli elettori, idiosincrasia per governi diversi da quelli espressi dalla volontà degli elettori, capacità di dimettersi, al limite, dalle cariche ricoperte se ottenute in forza di condizioni politiche che non si condividono più, ivi compresa la presidenza della Camera specie se gestita da capo partito. I secondi invece ritengono, evidentemente che tutta questa sia robaccia vecchia o buona per i più allocchi;
6) I primi non hanno mai reputato Berlusconi come colui che è capace di far palpitare i loro cuori, così come era stato da Almirante fino a Fini compreso, ma lo hanno sempre considerato e continuano a considerarlo leader politico del centrodestra; i secondi invece, Bocchino docet, lo hanno difeso come Pasdaran fino al punto di scagliarsi contro innocue professoresse che citavano il Premier in versioni latine, per poi screditarlo apertamente, come fanno oggi. Evidentemente i primi sono più stabili negli affetti.
Credo che un centrodestra realmente responsabile, debba nel suo complesso tutelare le differenze, non tollerare ostruzionismi e trasformismi, e soprattutto non debba commettere l'errore tafazziano di frazionare il proprio consenso anche perchè, se ciò avvenisse, si potrebbe assistere in un futuro prossimo, paradossalmente, sul versante sinistro a una riedizione dell'Unione cioè a come far stare insieme ciò che è inconciliabilmente incompatibile e su quello destra, viceversa, alla divisione di ciò che è sostanzialmente, idealmente, storicamente, per volontà popolare, unito.
Credo, infine, che il luogo politico del centrodestra unito sia il Pdl perchè così decise la piazza di San Giovanni nel 2006 e le urne in tutti gli anni seguenti, perchè credo nel maggioritario e nel bipartitismo, nell'elezione diretta di chi governa da parte dei cittadini sulla base di un programma, sulla forza intellettuale e morale dei cittadini che ci hanno dato e ci danno fiducia, gli unici titolati a giudicare il nostro operato, i nostri dissensi interni, le nostre distinzioni, attraverso il voto. Credo che l'Italia come l'abbiamo sempre immaginata debba avere queste regole. Sarà demodé ma non ho cambiato idea!».
Giuseppe Tarantini
Sindaco di Trani
Sono passato quindi all'altra fase della visita (visto che in politica la palpazione e la percussione non dovrebbero esserci): l'ascoltazione. Ho dunque ascoltato l'intervento di Italo Bocchino che a un certo punto ha detto: "In questo partito, caro Gianfranco, non vi saranno rendite di posizione, siamo tutti in discussione tranne te". Qui è emersa un'altra grande differenza perchè con questa parafrasi del noto "Mussolini ha sempre ragione" si è passati dal "centralismo carismatico" di cui Fini accusò Berlusconi al "centralismo ieratico" in cui Bocchino sembra quasi riproporre in chiave politica il dogma dell' infallibilità del Papa.
Ho quindi atteso il discorso del Presidente Fini. Finalmente, all'ora di pranzo e dei tg, ha preso la parola. All'inizio non ci sono state novità, a parte la citazione del lungo brano tratto dal "Piccolo principe" già usato da Veltroni, ma poi ha iniziato a parlare di nazione, della società, dei giovani, di meritocrazia, di comunità, di sud, delle missioni dei nostri soldati all'estero, dell'integrazione degli immigrati nel rispetto delle leggi, del rispetto della magistratura (che però non significa dire, alla Granata o alla Di Pietro, che la magistratura ha sempre ragione) e delle Istituzioni esprimendo tesi che è sempre opportuno ribadire. Ha quindi parlato di diritti civili, senza entrare nel merito, non era certo il caso, di eutanasia o unioni civili ed ha quindi attaccato con novità assolute tipo la vergognosità dell'attuale legge elettorale o l'inadeguatezza ("unfit" disse l'Economist) del comportamento politico e personale di Berlusconi chiedendone le dimissioni da primo ministro fra gli osanna dei presenti.
Ecco le due vere novità per le quali si sta buttando a mare non solo un Governo, che è per sua natura transitorio, ma soprattutto l'impegno di tante persone che in periferia come a Roma si sono impegnate in tutti i modi per favorire la coesione e l'amalgama di tutte le compenenti che si riferiscono al centrodestra secondo l'insegnamento di Pinuccio Tatarella cui tutto il gruppo dirigente di Futuro e Libertà, a cominciare da Fini, deve il proprio successo politico e personale. Sulla legge elettorale siamo d'accordo, ma fu lo stesso Fini a sostenere la sua giustezza perchè avrebbe eliminato quel rischio di finanziamenti illeciti che caratterizza la ricerca di molte preferenze. Siccome sullo stesso principio in Italia si regge il finanziamento pubblico dei partiti perchè, dunque, non abolirlo come peraltro deciso dal popolo italiano in un referendum promosso anni fa dai Radicali? E, giacchè ci siamo, perchè non riprendere quella modifica costituzionale propugnata dal Msi per sottoporre al controllo dello Stato i bilanci dei partiti e dei sindacati?
Su Berlusconi, sulla cui moralità vorrei che tutti ci si interrogasse sull'evangelica possibilità di scagliare la famosa prima pietra, è credibile sbertucciare ora quel leader al fianco del quale si è stati per sedici anni affrontando e quasi sempre vincendo tutte le battaglie elettorali? Passando dal faceto a toni più seri, io che sono un esempio di ormai vecchio militante di periferia, non ho dissentito quasi su una sola parola di ciò che Fini ha detto a livello programmatico e valoriale, osservo che programmi e valori sono noti e compatibili con il Pdl, conseguentemente mi chiedo: a che serve fondare un nuovo partito? A che pro mettere in dubbio la sopravvivenza non solo del governo centrale ma anche quella, conseguentemente, di tantissime amministrazioni locali? E' sufficiente dire: "Ma Fini è stato cacciato?". E ammesso e non concesso che quello fosse stato un provvedimento eccessivo (io non lo penso) è necessario morire per Fini-Danzica? E' giusto per noi ex An ed ex Msi essere da questa diaspora divisi tra finiani e non finiani che divengono, ipso facto, berlusconiani?
A questo punto, anzi, mi chiederei, quali sono le differenze, nell'ambito degli ex An, tra coloro che sono rimasti nel Pdl e quelli che hanno scelto Fli a Roma e sul territorio.
1) I primi credono nel partito unico del centro destra, i secondi (dopo più o meno un anno dalla sua fondazione) non più;
2) I primi continuano a pensare che la destra sia comunità, identità, tradizione, i secondi evidentemente no (purtroppo le differenze più dolorose nei contenuti sono proprio sui temi legati a questi concetti);
3) I primi continuano a credere (dopo averlo fatto per tutta la vita) nel presidenzialismo e nella elezione diretta del capo del Governo, i secondi, visto che non ne parlano più, evidentemente no;
4) I primi continuano a pensare che non piacere ai nostri avversari di sempre, non tanto sul piano politico quanto su quello culturale, sia segno di anticonformismo, ribellismo all'egemonia, personalità autentica, consapevolezza della propria storia e dei propri mezzi, i secondi invece ormai hanno tutti e due i piedi nel salotto buono del radical progressismo italiano che, alla perenne ricerca di togliattiani "utili idioti", li butterà via dopo averli usati;
5) I primi, usciti dalla casa del padre (il Movimento sociale), non hanno smarrito l'educazione ricevuta in quella casa e cioè fedeltà alla parola data, lealtà, rispetto della volontà degli elettori, idiosincrasia per governi diversi da quelli espressi dalla volontà degli elettori, capacità di dimettersi, al limite, dalle cariche ricoperte se ottenute in forza di condizioni politiche che non si condividono più, ivi compresa la presidenza della Camera specie se gestita da capo partito. I secondi invece ritengono, evidentemente che tutta questa sia robaccia vecchia o buona per i più allocchi;
6) I primi non hanno mai reputato Berlusconi come colui che è capace di far palpitare i loro cuori, così come era stato da Almirante fino a Fini compreso, ma lo hanno sempre considerato e continuano a considerarlo leader politico del centrodestra; i secondi invece, Bocchino docet, lo hanno difeso come Pasdaran fino al punto di scagliarsi contro innocue professoresse che citavano il Premier in versioni latine, per poi screditarlo apertamente, come fanno oggi. Evidentemente i primi sono più stabili negli affetti.
Credo che un centrodestra realmente responsabile, debba nel suo complesso tutelare le differenze, non tollerare ostruzionismi e trasformismi, e soprattutto non debba commettere l'errore tafazziano di frazionare il proprio consenso anche perchè, se ciò avvenisse, si potrebbe assistere in un futuro prossimo, paradossalmente, sul versante sinistro a una riedizione dell'Unione cioè a come far stare insieme ciò che è inconciliabilmente incompatibile e su quello destra, viceversa, alla divisione di ciò che è sostanzialmente, idealmente, storicamente, per volontà popolare, unito.
Credo, infine, che il luogo politico del centrodestra unito sia il Pdl perchè così decise la piazza di San Giovanni nel 2006 e le urne in tutti gli anni seguenti, perchè credo nel maggioritario e nel bipartitismo, nell'elezione diretta di chi governa da parte dei cittadini sulla base di un programma, sulla forza intellettuale e morale dei cittadini che ci hanno dato e ci danno fiducia, gli unici titolati a giudicare il nostro operato, i nostri dissensi interni, le nostre distinzioni, attraverso il voto. Credo che l'Italia come l'abbiamo sempre immaginata debba avere queste regole. Sarà demodé ma non ho cambiato idea!».
Giuseppe Tarantini
Sindaco di Trani
Ricevi aggiornamenti e contenuti da Trani 





j.jpg)


