Cronaca

«Cimitero di Trani, negato il diritto a una sepoltura dignitosa»

Cosimo Nenna racconta le traversie per sistemare una bara in una cappella

«Negato il diritto a una sepoltura dignitosa e decorosa. Negato il diritto ai parenti di deporre un fiore sulla tomba del loro congiunto. Negato il diritto alla sicurezza sul lavoro». A denunciarlo è il segretario della Federazione della Sinistra di Trani, Cosimo Nenna, che ha raccolto l'ultima, tragica testimonianza, ma solo in ordine di tempo, di come al cimitero di Trani si rischi la vita per mancanza di sicurezza sul lavoro (e nemmeno i defunti se la passano bene). Lo stato di disagio acuitosi negli ultimi tempi, come è noto, ha portato recentemente alla chiusura totale, non senza polemiche, del camposanto. Una raccolta di firme è stata inviata al sindaco perché ponesse fine ad una situazione definita quanto meno incresciosa per una città come Trani che da tempo non viene messa nella condizione di osservare al meglio il culto dei morti.

L'unico servizio svolto è, come è noto, l'accoglimento al pomeriggio delle salme in camera mortuaria, dove sostano fino alla tumulazione o inumazione del mattino successivo. «Questo servizio – fa rilevare Cosimo Nenna – viene assicurato da operai dell'Amiu distaccati a tal proposito. Ma dal tragico racconto che ci è stato fatto dal familiare di un defunto le cose non starebbero esattamente come lo stesso presidente della municipalizzata tranese ha recensente esposto in Consiglio comunale».

Il quadro, secondo quanto denunciato da Nenna è tragico e ha lasciato inorriditi e scioccati chi lo ha vissuto in prima persona. Per chi subisce un lutto e non dispone di una cappella propria o di un loculo già acquistato in precedenza, le difficoltà iniziano proprio dalla ricerca del posto. Ed ecco la versione "allucinante" di Cosimo Nenna.

«Una volta reperito il loculo, ecco che per la tumulazione i familiari trovano due operai dell'Amiu che da soli avrebbero dovuto sistemare la salma in alto, alla sesta fila (oltre quattro metri) nella cappella di San Donato, servendosi di una pseudo impalcatura e di un'altra improvvisata con due scale unite da traballanti assi di legno. I due addetti da soli non ce la fanno. Il feretro pesa, per cui viene chiesto l'aiuto a qualche volontario presente. E qui comincia il dramma nel dramma: la bara viene issata quasi in verticale, sbattendo e rimanendo spesso in bilico. Poi, una volta raggiunto il loculo si presenta un'altra amara sorpresa. La bara entra per metà. Alcune sporgenze nella muratura interna ne impediscono l'ingresso totale. Non resta, allora, altro da fare che mutilare la bara con scalpello, martello e flex, tenendola in bilico fuori dal loculo e sbattendola più volte, con gli operai che lavorano in condizioni precarie di stabilità, senza sicurezza per la loro incolumità e per quella degli astanti. L'aria si fa irrespirabile per la polvere e i parenti del defunto sono costretti ad allontanarsi, inorriditi e scioccati».

Sarebbe bastato il carrello elevatore in dotazione al cimitero. «Ma, ironia della sorte – continua Nenna – se in tante tristezza è consentito dirlo – continua Nenna – l'elevatore è pressoché inutilizzato perché troppo grande rispetto agli ingressi delle cappelle cimiteriali. In una sola volta è stato Negato il diritto a una sepoltura dignitosa e decorosa. Negato il diritto ai parenti di deporre un fiore sulla tomba del loro congiunto. Negato il diritto alla sicurezza sul lavoro. Roba da terzo mondo».
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