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Sanità

«Il piano ospedaliero è diventato definitivo»: parola di Michele Emiliano

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«Il piano di riordino ospedaliero è diventato finalmente definitivo». A dichiararlo il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che lunedì si appresta probabilmente a spiegarlo ai componenti della terza commissione Sanità del Consiglio regionale, la stessa che mercoledì ha bocciato il piano (sia pure con un parere non vincolante). La cosa più grave è, infatti, sul piano politico dal momento che il parere sul piano ha prodotto una spaccatura nella stessa maggioranza con i voti contrari di Cosimo Borraccino (Si) e Paolo Campo (Pd), che in aggiunta a quelli dei quattro commissari di opposizione (Mario Conca e Marco Galante di M5S, Nino Marmo di Fi e Luigi Manca di Cor) hanno determinato il parere negativo. Mentre il presidente Pd della stessa commissione, Pino Romano, ha deciso di dimettersi dopo aver preso atto della seconda bocciatura (la prima due mesi fa).

Tuttavia il governatore spiega che «dopo un'analisi collettiva e partecipata, durata esattamente un anno, abbiamo finalmente terminato il lungo lavoro di approvazione del piano che riconvertirà ospedali inutili, pericolosi, che consentivano il sottoutilizzo del personale, in moderne strutture di lungodegenza per malati cronici, in ambulatori diagnostici territoriali e in ospedali di comunità. Gli ospedali riconvertiti - ha spiegato in una nota - erano il frutto di scelte sbagliate del passato, che avevano fatto aprire ospedali in molti comuni consentendo il moltiplicarsi inutile dei primari e dei reparti. Gli ospedali piccoli disperdono il personale che così viene sprecato, lasciando l'organico degli ospedali più efficienti senza adeguato rinforzo. Si aggiunga che solo grandi numeri per ricoveri ed interventi fanno l'efficienza di una struttura ospedaliera. Un punto nascita sotto 1000 parti all'anno (poco più di tre parti al giorno) non giustifica strutture aperte 24 ore su 24 - ha aggiunto - e mette a rischio le puerpere, perché il personale non ha sufficiente esperienza dei casi più difficili. Analogamente avere punti nascita e pronto soccorso senza terapia intensiva e sala rianimazione era un rischio troppo grande per la salute dei pazienti».

«Anche queste strutture aperte 24 ore su 24 consentivano il sottoutilizzo di personale (anche dei preziosissimi ed introvabili anestesisti) a scapito dei pronto soccorso dei grandi ospedali, gli unici dotati dei reparti per gestire codici gialli e rossi, gli unici che giustificano davvero l'esistenza di un pronto soccorso. Alcuni ospedali poi sono stati classificati come ospedali di base. Sono ospedali essenziali con pochi reparti dotati di pronto soccorso. In alcuni casi le scelte che abbiamo fatto sono state dolorose. Stabilito che due ospedali vicini non possono essere entrambi di primo livello, è stato drammatico scegliere alle volte tra due strutture eccellenti decidendo se dovessero diventare di base o di primo livello. Condivido dunque il rammarico dei sindaci e dei sanitari i cui ospedali potevano aspirare ad una classificazione superiore. Ma dovevamo decidere e
ci siamo presi la nostra responsabilità».

«Ringrazio di cuore il presidente della commissione Salute, Pino Romano, per il lavoro eccellente svolto in questo anno. Mi auguro che revochi le sue dimissioni», ha precisato. «Non è certo colpa sua se un paio di consiglieri di maggioranza hanno ceduto alla tentazione di fare battaglie a difesa dei loro ospedali. Non sempre si ha la forza - ha detto - di resistere alle provocazioni ed alle pressioni campanilistiche. E, soprattutto, ringrazio tutto il centrosinistra che compatto ha approvato il piano di riordino e lo ha difeso persino da questi incidenti di percorso. Siamo stati davvero bravi a chiudere con tante delicatezza ed attenzione un percorso così accidentato, lasciatoci in eredità da un passato purtroppo tutt'altro che brillante». Il piano non dovrà passare di nuovo in giunta per poter essere applicato. Per questo Emiliano ha concluso dicendo: «Andiamo avanti. Adesso il piano divenga realtà effettiva. Buon lavoro a tutti».

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