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Scuola e Lavoro

Rientro tra i banchi di scuola, un messaggio speciale per alunni e genitori

Il professor Giovanni Ronco augura così un buon anno scolastico

Cari lettori, il mese di settembre è molto particolare e delicato per il sottoscritto e per tanti colleghi e alunni, in quanto coincide con l'inizio dell'anno scolastico. Come sapete la professione di docente che unisco a quella di giornalista, è lavoro e azione delicatissima, in quanto forgia personalità, cittadini, profili, esistenze future. Ed ancora più delicata è la mia attività di giornalista. Quella potete giudicarla voi e soltanto voi, amici lettori, ogni giorni, poiché si raccorda con la vostra vita, che a sua volta è determinata dalla politica, buona o cattiva che sia. E di politica e di cittadini il sottoscritto si occupa nelle sue attività: quelle di professore e giornalista, nel primo caso nell'accezione che leggerete a seguire.

Ho ritenuto dunque opportuno riportare alla Vostra attenzione questo scritto del collega prof. Enrico Galiano, che credo costituisca un messaggio ideale da mandare oltre che allo stesso ministro Salvini, cui si rivolge direttamente, anche a tutte le autorità, tutti gli studenti, tutti i dirigenti scolastici, tutti i genitori. Buona lettura e buon anno scolastico.

«Caro Ministro dell'Interno Matteo Salvini,
ho letto in un tweet da Lei pubblicato questa frase: "Per fortuna che gli insegnanti che fanno politica in classe sono sempre meno, avanti futuro!". Bene, allora, visto che fra pochi giorni ricominceranno le scuole, e visto che sono un insegnante, Le vorrei dedicare poche semplici parole, sperando abbia il tempo e la voglia di leggerle. Partendo da quelle più importanti: io faccio e farò sempre politica in classe. Il punto è che la politica che faccio e che farò non è quella delle tifoserie, dello schierarsi da una qualche parte e cercare di portare i ragazzi a pensarla come te a tutti i costi. Non è così che funziona la vera politica.

La politica che faccio e che farò è quella nella sua accezione più alta: come vivere bene in comunità, come diventare buoni cittadini, come costruire insieme una polis forte, bella, sicura, luminosa e illuminata. Ha tutto un altro sapore, detta così, vero? Ecco perché uscire in giardino e leggere i versi di Giorgio Caproni, di Emily Dickinson, di David Maria Turoldo è fare politica. Spiegare al ragazzo che non deve urlare più forte e parlare sopra gli altri per farsi sentire è fare politica. Parlare di stelle cucite sui vestiti, di foibe, di gulag e di tutti gli orrori commessi nel passato perché i nostri ragazzi abbiano sempre gli occhi bene aperti sul presente è fare politica.

Fotocopiare (spesso a spese nostre) le foto di Giovanni Falcone e Borsellino, di Malala Yousafzai, di Stephen Hawking, di Rocco Chinnici e dell'orologio della stazione di Bologna fermo alle 10.25 e poi appiccicarle ai muri delle nostre classi è fare politica. Buttare via un intero pomeriggio di lezione preparata perché in prima pagina sul giornale c'è l'ennesimo femminicidio, sedersi in cerchio insieme ai ragazzi a cercare di capire com'è che in questo Paese le donne muoiono così spesso per la violenza dei loro compagni e mariti, anche quello, soprattutto quello, è fare politica. Insegnare a parlare correttamente e con un lessico ricco e preciso, affinché i pensieri dei ragazzi possano farsi più chiari e perché un domani non siano succubi di chi con le parole li vuole fregare, è fare politica. Accidenti se lo è.

Sì, perché fare politica non vuol dire spingere i ragazzi a pensarla come te: vuol dire spingerli a pensare. Punto. È così che si costruisce una città migliore: tirando su cittadini che sanno scegliere con la propria testa. Non farlo più non significa "avanti futuro", ma ritorno al passato. E il senso più profondo, sia della parola scuola che della parola politica, è quello di preparare, insieme, un futuro migliore. E in questo senso, soprattutto in questo senso, io faccio e farò sempre politica in classe».

Enrico Galiano
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