
Eventi e cultura
Il ricordo dell’artista e musicista Michele L. Straniero riapproda nella sua amata Trani
Tenutasi il 24 luglio la presentazione del libro: “STRANIERO: alle origini della canzone d’autore” di G. Straniero e di F. Sirianni
Trani - sabato 26 luglio 2025
Una serata all'insegna della riscoperta, dell'ascolto e del ricordo di uno dei più importanti cantautori della storia della musica italiana, in particolare dei cantacronache, nonché musicologo e giornalista italiano, fondatore del gruppo Cantacronache a Torino: Michele L. Straniero. Nella serata di ieri sera la Biblioteca Comunale di Trani si è fatta palcoscenico per la presentazione del libro "STRANIERO: alle origini della canzone d'autore", scritto da Giovanni Straniero, nipote dell'artista e da Federico Sirianni, cantautore genovese vicino anche alla famiglia De André e direttore dell'archivio su Michele Straniero presso Torino.
La presentazione, che ha visto una vispa partecipazione, si è svolta alternando il racconto da parte degli autori, in merito ad aneddoti del testo ed inediti, in particolare del nipote di Straniero, a musiche e canzoni, riprodotte fedelmente e con maestria, da Sirianni. Trani non è certo luogo casuale, infatti l'artista di origini Milanesi ha avuto forte un legame con la Puglia, in particolare con Trani. Qualcosa in più sul personaggio c'è la racconta proprio il nipote e autore Giovanni Straniero: «Michele Straniero fu un artista e un intellettuale a 360° gradi, non era solo il fondatore e l'interprete principale di Cantacronache, ma fu in primis un poeta.
Nelle sue canzoni, Michele "urla" la denuncia di cronaca quotidiani, nelle su poesie "sussurra" le sue particolari emozioni. Questa doppia vita lo ha sempre caratterizzato sia negli anni '60 e '70, quando si mise a incidere dischi da solista come "Coi comfort della religione", "Quando ero monaca…" e "La Madonna della Fiat", e sia negli anni '80 e '90, quando smise di cantare e si dedicò principalmente al giornalismo e alla scrittura di libri». Continua poi ricordando qualche aneddoto simpatico dello zio Michele: «Negli ultimi anni della sua vita torinese, cioè anni '90, era mia abitudine uscire spesso con lui. Mio zio amava molto andare a cena nei locali. Ogni uscita era accompagnata da una storia.
Lui mi raccontava di tutto. Si fermava in un luogo e mi descriveva quello che poteva rappresentare quel luogo. Molte volte nei locali o nei convegni la gente lo riconosceva, anche se lui si metteva sempre in disparte, non gli piaceva apparire. Era abitudine della nostra famiglia ritrovarci a casa nostra per il pranzo di Natale, e ancora mi ricordo quando dopo pranzo ci si iniziava a rilassare e a cantare, come penso che accadesse in quasi tutte le famiglie durante le feste natalizie. Però da noi era diverso, non si cantavano le "normali" canzoni natalizie, da Jingle Bells a Bianco Natale, ma quelle "diverse" di Cantacronache, dà Per i morti di Reggio Emilia alla Zolfara, fino a volte arrivare a Contessa di Paolo Pietrangeli.
Ma finalmente arrivava il momento clou con una canzone forse più allegra, almeno nel ritmo: Bella Ciao». Una rievocazione capace di suscitare emozioni forti, provenienti da un'altra epoca, ove v'era stata una guerra disastrosa appena conclusa, un divario sociale incolmabile e dove mezzi come la musica e la poesia divenivano gli unici "treni" per far viaggiare la mente e soprattutto mezzi per creare consapevolezza. I Cantacronache, per usare le parole della musicista ed etnomusicologa Giovanna Marini, «hanno dato vita ad iniziative destinate a fallire, il loro destino è il destino delle minoranze, non dobbiamo illuderci. Ma sono fallimenti di cassetta, non di memoria», l'eredità di quest'esperienza, che seppe riunire alcuni tra i più grandi intellettuali e musicisti dell'epoca per raccontare le storie degli esclusi, ha dato infatti il via al grande cantautorato politico degli anni Settanta che vide l'emergere di artisti come De André, Guccini e Gaber. Il progetto del Cantacronache può dirsi ancora rivoluzionario. In tempi incerti dove e la precarietà tanto nel lavoro quanto nella vita resta una delle "principali catene per il popolo", la canzone politica che questo gruppo di artisti ci lascia in eredità può essere qualcosa di più che una mera operazione di recupero nostalgico: può essere un esempio, una direzione da seguire.
La presentazione, che ha visto una vispa partecipazione, si è svolta alternando il racconto da parte degli autori, in merito ad aneddoti del testo ed inediti, in particolare del nipote di Straniero, a musiche e canzoni, riprodotte fedelmente e con maestria, da Sirianni. Trani non è certo luogo casuale, infatti l'artista di origini Milanesi ha avuto forte un legame con la Puglia, in particolare con Trani. Qualcosa in più sul personaggio c'è la racconta proprio il nipote e autore Giovanni Straniero: «Michele Straniero fu un artista e un intellettuale a 360° gradi, non era solo il fondatore e l'interprete principale di Cantacronache, ma fu in primis un poeta.
Nelle sue canzoni, Michele "urla" la denuncia di cronaca quotidiani, nelle su poesie "sussurra" le sue particolari emozioni. Questa doppia vita lo ha sempre caratterizzato sia negli anni '60 e '70, quando si mise a incidere dischi da solista come "Coi comfort della religione", "Quando ero monaca…" e "La Madonna della Fiat", e sia negli anni '80 e '90, quando smise di cantare e si dedicò principalmente al giornalismo e alla scrittura di libri». Continua poi ricordando qualche aneddoto simpatico dello zio Michele: «Negli ultimi anni della sua vita torinese, cioè anni '90, era mia abitudine uscire spesso con lui. Mio zio amava molto andare a cena nei locali. Ogni uscita era accompagnata da una storia.
Lui mi raccontava di tutto. Si fermava in un luogo e mi descriveva quello che poteva rappresentare quel luogo. Molte volte nei locali o nei convegni la gente lo riconosceva, anche se lui si metteva sempre in disparte, non gli piaceva apparire. Era abitudine della nostra famiglia ritrovarci a casa nostra per il pranzo di Natale, e ancora mi ricordo quando dopo pranzo ci si iniziava a rilassare e a cantare, come penso che accadesse in quasi tutte le famiglie durante le feste natalizie. Però da noi era diverso, non si cantavano le "normali" canzoni natalizie, da Jingle Bells a Bianco Natale, ma quelle "diverse" di Cantacronache, dà Per i morti di Reggio Emilia alla Zolfara, fino a volte arrivare a Contessa di Paolo Pietrangeli.
Ma finalmente arrivava il momento clou con una canzone forse più allegra, almeno nel ritmo: Bella Ciao». Una rievocazione capace di suscitare emozioni forti, provenienti da un'altra epoca, ove v'era stata una guerra disastrosa appena conclusa, un divario sociale incolmabile e dove mezzi come la musica e la poesia divenivano gli unici "treni" per far viaggiare la mente e soprattutto mezzi per creare consapevolezza. I Cantacronache, per usare le parole della musicista ed etnomusicologa Giovanna Marini, «hanno dato vita ad iniziative destinate a fallire, il loro destino è il destino delle minoranze, non dobbiamo illuderci. Ma sono fallimenti di cassetta, non di memoria», l'eredità di quest'esperienza, che seppe riunire alcuni tra i più grandi intellettuali e musicisti dell'epoca per raccontare le storie degli esclusi, ha dato infatti il via al grande cantautorato politico degli anni Settanta che vide l'emergere di artisti come De André, Guccini e Gaber. Il progetto del Cantacronache può dirsi ancora rivoluzionario. In tempi incerti dove e la precarietà tanto nel lavoro quanto nella vita resta una delle "principali catene per il popolo", la canzone politica che questo gruppo di artisti ci lascia in eredità può essere qualcosa di più che una mera operazione di recupero nostalgico: può essere un esempio, una direzione da seguire.
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