Politica

Legambiente, attacco alla società che vuol fare il cementificio a Trani

«Adotta strategie ambigue per eludere procedure di tutela ambientale»

«Intorno all'impianto per la produzione di clinker e cemento proposto dalla General Cement Puglia (riconducibile al gruppo Matarrese), si infittiscono le preoccupazioni riguardanti il pericoloso impatto ambientale e la correlata incidenza di patologie letali. Ricapitoliamo: l'impianto dovrà produrre 499 tonnellate al giorno (mistero dei numeri) di clinker. La ditta proponente sostiene nella documentazione tecnica che usciranno dall'azienda 225.000 t/anno (616 t/giorno) di cemento anche se l'impianto ha una potenzialità produttiva di 600.000 t/anno, pari a 1.664 t/giorno.

Ma perché questi numeri sono così importanti? La normativa in vigore (decreto legislativo del 18 febbraio 2005, numero 59, allegato I, punto 3.1) stabilisce che tutti gli impianti (clinker-cemento) che producono quantitativi maggiori di 500 t/giorno devono essere obbligatoriamente sottoposti a procedura IPPC-A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale). Si tratta di una procedura rigorosa che per tutti gli impianti industriali ed energetici (inceneritori, cementifici, raffinerie, ecc.) garantisce la migliore sicurezza tecnologica praticabile per ridurre al minimo possibile i danni ecologici ed epidemiologici connessi alle emissioni. La raffinata scaltrezza del gruppo Matarrese, già nota per le grandi questioni legate alle torri-saracinesche di Punta Perotti e ad altri funambolici affari pugliesi, si attua inesorabilmente anche per il cementificio di Trani.

Dichiarando una produzione, ipotetica (lo ammette la stessa ditta) di 499 t/giorno, la General Cement Puglia intende evitare la gravosa procedura IPPC-AIA che, oltre alla maggiore lungaggine cronologica dell'autorizzazione, produrrebbe investimenti maggiori nelle tecnologie adottate per mitigare il danno ambientale ed epidemiologico. Ecco spiegato il misterioso arcano del numero magico 499 t/giorno.

La normativa in materia è chiara e non può essere aggirata con una funambolica dichiarazione d'intenti se appare evidente che l'impianto è dimensionato per quantitativi ben maggiori di 500 t/giorno. Avevamo già in precedenza mostrato le nostre motivate preoccupazioni e siamo stati anche redarguiti da alcuni amministratori locali che caldeggiavano la realizzazione del cementificio. Siamo stanchi di questa subdola stretta di mano tra politici ed imprenditori ed abbiamo la convinzione che in questa specifica faccenda, così come in altre simili, ognuno debba svolgere il proprio mandato: l'imprenditore deve fare i suoi interessi nel rispetto delle norme vigenti; i politici devono tutelare gli interessi della collettività e della salute umana, non prostrandosi davanti all'arroganza del potere economico.

Riteniamo che la General Cement Puglia, abbia già ricevuto molti sconti e favori ancor prima di ottenere l'autorizzazione per la realizzazione dell'impianto: la variante urbanistica da zona agricola a zona industriale è un macroscopico regalo dell'amministrazione comunale di Trani che si somma all'avvallo della fandonia per la quale nell'impianto non saranno bruciati rifiuti. Ribadiamo che l'accordo di programma, non è che carta straccia, davanti alla legislazione comunitaria e nazionale che favoriscono il coincenerimento nei cementifici.

Adesso ci aspettiamo che gli incauti amministratori comunali incomincino a prendere le distanze da chi, brandendo energicamente il ricatto occupazionale, gioca pericolosamente con la salute dei cittadini. Forse conviene ricordare agli amministratori che in base ai dati forniti dalla stessa ditta proponente dalle ciminiere dell'impianto saranno emesse ad una altezza di 50 metri dal suolo 51,52 t/anno di polveri di svariata natura chimica, e 343,44 t/anno di ossidi di zolfo e di ossidi di azoto; che saranno bruciate 19.598 t/anno di carbone raggiungendo nella camera di combustione temperature di 1400 gradi. Il tutto ad appena 6 chilomteri di distanza dal gigantesco cementificio di Barletta, dove si producono 1.100.000 t/anno di cemento e dove già vengono bruciate 27.000 t/anno di rifiuti plastici.

Concludiamo chiedendo agli amministratori il rispetto delle regole istituzionali che sono alla base del loro mandato: la difesa degli interessi della cittadinanza. In questo conflitto appena iniziato, noi della Legambiente, unitamente alle altre associazioni, faremo il possibile per far ottemperare le normative in vigore, nel pieno rispetto della salute umana e della dignità dei cittadini. Poiché i cementifici sono tra le sorgenti di contaminanti a più elevata incidenza cancerogena, vorremo che anche gli amministratori facessero altrettanto, ancor più se tra gli stessi vi è chi ricopre anche un ruolo nella sanità pubblica».

Legambiente
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