
Cronaca
Blitz anti estorsione, Maria De Simone non risponde al gip
Chiesti i domiciliari per la madre di Vito Corda perché estranea alle richieste di "pizzo"
Trani - sabato 4 febbraio 2017
11.17
Si è avvalsa della facoltà di non rispondere Maria De Simone, arrestata dai carabinieri giovedì dopo aver tentato di disfarsi di un involucro con 20 grammi di cocaina (ritenuti destinati al mercato cittadino degli stupefacenti) nell'ambito di un blitz che ha portato in carcere anche il figlio Giuseppe Corda e altre sei persone. La donna, pregiudicata, in passato affiliata all'ex clan di Salvatore Annacondia, non ha, dunque, fornito alcuna risposta al gip del tribunale di Trani, Francesco Messina. Tuttavia l'avvocato Mario Malcangi ha chiesto al gip (la quale si pronuncerà nei prossimi giorni) che la 62enne tranese lasci il carcere per gli arresti domiciliari per l'età, i problemi di salute e la "non eccessiva gravità del fatto".
De Simone è, infatti, estranea all'operazione anti estorsione che ha portato in carcere Giuseppe, qualche giorno dopo il fermo (già convalidato) dell'altro figlio Vito. Anche loro davanti al gip Rossella Volpe hanno fatto scena muta. Stessa strada seguita dall'albanese Ilir Gishti e dagli altri tranesi finiti in carcere: Domenico Pignataro, Pasquale Pignataro. Hanno invece risposto al gip, per difendersi dalle accuse, Michele Regano e Nicola Petrilli. Il primo, difeso dall'avvocato Francesco Di Marzio, ha solo ammesso d'aver schiaffeggiato il direttore di un ristorante, ma non per indurlo a pagare il pizzo bensì per "invitarlo" a non rimproverare una cameriera sua conoscente. Ha poi giustificato con l'abituale frequentazione di un bar la presenza nel locale (ritenuta dunque casuale) quando Vito Corda entrò chiedendo di parlare col titolare.
Petrilli, che è rappresentato dall'avvocato Angelo Scuderi, ha negato le pressioni ad un imprenditore del comparto marmifero. Petrilli ha confermato la sua presenza in azienda, ma solo per motivi commerciali legati alla sua attività nel settore lapideo e non, invece, per minacciare l'imprenditore già sollecitato da Vito Corda. Avrebbe solo consigliato l'imprenditore a trovare una soluzione con Corda, quando questi gli raccontò della richiesta di pizzo, di cui Petrilli, secondo il suo racconto, non aveva conoscenza. Il clima di serenità tornato in città non rallenta le indagini dei carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore di Trani, Marcello Catalano. Sono in corso ulteriori attività investigative anche per cristallizzare in denuncia quella che sarebbe una lunga serie di episodi di estorsione (tentata o consumata), che in futuro potrebbero esser contestati ad alcuni degli stessi indagati o ad altre persone ancora.
De Simone è, infatti, estranea all'operazione anti estorsione che ha portato in carcere Giuseppe, qualche giorno dopo il fermo (già convalidato) dell'altro figlio Vito. Anche loro davanti al gip Rossella Volpe hanno fatto scena muta. Stessa strada seguita dall'albanese Ilir Gishti e dagli altri tranesi finiti in carcere: Domenico Pignataro, Pasquale Pignataro. Hanno invece risposto al gip, per difendersi dalle accuse, Michele Regano e Nicola Petrilli. Il primo, difeso dall'avvocato Francesco Di Marzio, ha solo ammesso d'aver schiaffeggiato il direttore di un ristorante, ma non per indurlo a pagare il pizzo bensì per "invitarlo" a non rimproverare una cameriera sua conoscente. Ha poi giustificato con l'abituale frequentazione di un bar la presenza nel locale (ritenuta dunque casuale) quando Vito Corda entrò chiedendo di parlare col titolare.
Petrilli, che è rappresentato dall'avvocato Angelo Scuderi, ha negato le pressioni ad un imprenditore del comparto marmifero. Petrilli ha confermato la sua presenza in azienda, ma solo per motivi commerciali legati alla sua attività nel settore lapideo e non, invece, per minacciare l'imprenditore già sollecitato da Vito Corda. Avrebbe solo consigliato l'imprenditore a trovare una soluzione con Corda, quando questi gli raccontò della richiesta di pizzo, di cui Petrilli, secondo il suo racconto, non aveva conoscenza. Il clima di serenità tornato in città non rallenta le indagini dei carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore di Trani, Marcello Catalano. Sono in corso ulteriori attività investigative anche per cristallizzare in denuncia quella che sarebbe una lunga serie di episodi di estorsione (tentata o consumata), che in futuro potrebbero esser contestati ad alcuni degli stessi indagati o ad altre persone ancora.
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