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Vitis vinifera

Un approfondimento a cura della beverage menager Ludovica Diafieria

Che i francesi, in fatto di vino, ne sappiano più degli italiani è una battaglia ancora aperta ma che a loro si debbano alcuni tra i termini più importanti della nomenclatura enologica è un'ovvietà ormai acclarata. Nella produzione di un buon vino, il ruolo fondamentale non è affidato all'uomo, né alla macchina né tano meno alla presenza o assenza di additivi chimici che migliorino la qualità dell'uva raccolta. E' la terra a fare la differenza o meglio il terrior, termine esportato dalla Francia in tutto il mondo per indicare non solo la struttura del terreno ma anche tutto ciò che è legato all'ambiente pedoclimatico e al microclima. Tutto questo si esprime meglio con il concetto di AOC francese che in italiano equivale alla Denominazione di Origine Protetta (DOP) già incontrato.

E' dunque fondamentale conoscere e riconoscere l'ambiente pedoclimatco ovvero latitudine, altitudine, terreno e clima nonché gli elementi che permettono alla vite di radicarsi e crescere rigogliosa per esprimersi poi nelle sue specificità migliori.

Prima fra tutte latitudine e altitudine. La vite è infatti una pianta molto esigente, non ama le temperature nette come freddo o caldo estremi. Questa è la ragione per la quale tutte le principali regioni vinicole del mondo sorgono nei paesi situati tra i 30° e i 50° gradi di latitudine ovvero in zone dal clima temperato. Nel nostro emisfero, quello boreale, la fascia territoriale in cui la vite si sviluppa più facilmente è compresa tra il 40° e il 50° parallelo di latitudine, in particolare a cavallo del 45°. Nell'emisfero australe invece le zone migliore sono quelle nella fascia compresa tra il 30° e il 40° parallelo. L'altitudine sul livello del mare è l'ideale per la coltivazione della vite.
Man mano che si sale l'aria diventa più fresca. Nelle zone del nord Italia più fredde per loro natura le vigne si coltivano anche ad altitudini più basse 50-500 mt.

L'Italia si trova in una posizione privilegiata con zone adatte alla coltivazione del vino specialmente in collina e in montagna. Il 60% della viticoltura si realizza in collina, il 32% in pianura e il restante 8% in montagna.


La vite non richiede terreni fertili ma al contrario predilige quelli poveri che si differenziano tra loro sulla base di posizione e tessitura. Calcare, marne, scisti e argille sono le componenti più diffuse nei terreni destinati alla viticoltura. Il calcare, carbonato di calcio, entra in modo determinante nella maggior parte di essi, mentre la marna è costituita da una miscela di calcare e argilla in pari quantità.

I terreni calcareo-marnosi conferiscono ai vini colori compatti e profondi, profumi intensi e variegati, buona struttura generale, ricchezza di alcol etilico, bassa acidità, finezza e longevità.

I terreni calcareo-arenacei contengono sabbia e danno origine a vini equilibrati nelle componenti alcoliche e fenoliche con profumi fini ma non sempre predisposti ai lunghi invecchiamenti.

I terreni marnosi-ferruginosi e le terre rosse danno vini di ottima qualità.

I terreni argillosi sono più idonei alla coltivazione di uve a bacca nera e si ottengono con pigmentazioni intense ricchezza di alcol etilico, morbidezza e longevità.

I terreni calcareo-argillosi come quelli dello champagne permettono produzioni di grande qualità.

In Alsazia la componente in gneiss arricchisce i profumi dei vini bianchi di sfumature minerali, comuni anche nel Risling prodotti dalle viti che crescono nei terreni scistosi della Mosella o nei terreni ciottolosi e ghiaiosi del Médoc che trattengono il calore del sole durante il giorno e lo cedono durante la notte. In Australia invece troviamo le terre rosse del Coonawarra che danno dei vini ottenuti da cabernet sauvignon e syrah.

I terreni sabbiosi non garantiscono la produzione di uve in grado di dare vini ricchi di colore e struttura ma sono piacevoli, con acidità fissa, semplici da bere e da apprezzare.

I terreni acidi donano ai vini colori poco intensi ma vivaci, buoni e leggeri con una bassa nota alcolica.

Pioggia, siccità, temporali e grandinate condizionano ogni anno la produzione vitivinicola.
Il clima è quindi l'ultimo dei fattori determinanti per la buona riuscita della vendemmia.
La vite è esigente anche in fatto di umidità. Se questa è eccessiva le muffe trovano un habitat ideale e danneggiano le uve, ma se è scarsa le foglie chiudono gli stomi, i loro pori superficiali, trattengono l'acqua e bloccano la produzione di zucchero. Ma ha anche bisogno di luce e di sole (mediamente richiede 1.300-1.500 ore annue).

In generale, per consentire alle uve di raggiungere il giusto grado di maturazione, la vite necessita di una "distribuzione" omogenea durante l'anno degli eventi climatici: una maturazione costante, senza picchi di calore, così come le precipitazioni ideali dovrebbero avvenire in inverno e in primavera e, comunque, non durante la fioritura della vite né tantomeno in vendemmia.

L'insieme di fattori geografici, climatici, geologici e biologici rendono dunque il vitigno unico e irripetibile.
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