
Speciale
“Meglio Così”: l’intervista ad Anna Caiati, l’autrice della fiaba che spiega la pedofilia ai bambini
Il libro ha vinto il concorso della casa editrice “Temperino Rosso”. L’intervista alla sua autrice, la psicoterapeuta dott.ssa Anna Caiati
Trani - venerdì 28 febbraio 2025
14.13
La fanciullezza dovrebbe sempre essere un tempo spensierato per i bambini, ma purtroppo non tutti sono abbastanza fortunati da poter vivere con spensieratezza il loro periodo felice. L'infanzia, infatti, è spesso minacciata da chi vuole appropriarsene in modo violento e opprimente; i bambini devono essere consapevoli dei pericoli e sapere come comportarsi. Per questo motivo, la psicoterapeuta dott.ssa Anna Caiati ha deciso, ispirata da sua figlia Francesca, di scrivere una fiaba per bambini con cui spiegare in modo semplice che il mondo non è tutto rosa, ma che ci sono tanti colori diversi, compreso il nero della tristezza e della paura. Nell'intervista che la dottoressa ha rilasciato, lei stessa ha spiegato il significato profondo del libro.
D: Cominciamo dal titolo di questo libro: "Meglio così". Parlami del suo significato.
R: Il titolo nasce proprio leggendo la storia; lo si comprende abbastanza bene, nel senso che Silviotta ha questo incidente in cui si rompono gli occhiali, lei è disperata, invece è meglio così, perché i nuovi occhiali non saranno più rosa, proprio perché il mondo non è rosa e non va fatto vedere così ai bambini. Il mondo è pieno di colori ma c'è anche il nero, ecco perché è meglio così.
D: Questo libro è pensato per i bambini ma prima di tutto per i genitori?
R: Sì, infatti la fiaba è per i bambini, però io, quando incontro le famiglie, incontro prima di tutto gli adulti a cui spiego come utilizzare il libro con i loro bambini, perché sono loro che devono parlare di questo problema così importante, ma che va affrontato, cioè la pedofilia.
D: Rispetto al passato, oggi i genitori sono più propensi a parlare di certe tematiche così delicate con i loro figli?
R: I genitori sono molto più propensi, più attenti, tuttavia sono anche più ansiosi, entrano in panico, hanno timore e paura; quindi, vanno aiutati a utilizzare le parole e le modalità giuste, altrimenti i bambini si spaventerebbero o, peggio ancora, si potrebbero incuriosire.
D: È per questo che, alla fine, la mamma di Silviotta decide di comprarle degli occhiali arcobaleno?
R: Infatti questa è l'idea che suggerisce Francesca, cioè mia figlia, che poi l'ideatrice della fiaba. Invece di comprare ancora degli occhiali rosa, compra degli occhiali arcobaleno. Infatti così si spiega e va spiegato ai bambini un problema così importante; si spiega a Silviotta e a tutti i bambini che il mondo è di tutti colori e che ci sono anche adulti che non sono amici dei bambini.
D: Quindi tua figlia ha ispirato questo racconto?
R: Sì, perché io per prima, con lei, ho adottato il sistema di parlarne tranquillamente e serenamente. Un giorno stavamo scherzando insieme e lei mi ha dato l'idea della fiaba "Meglio così" e di Silviotta.
D: Le illustrazioni sono molto belle e significative; in alcune di queste, in particolare, Silviotta è con "l'amico grande"; si nota la differenza fra Silviotta, che non ha solo gli occhiali rosa ma anche il vestito rosa e, invece, l'amico che è tutto grigio e anche ciò che la circonda è grigio.
R: Naturalmente le illustrazioni non sono casuali: sin dalla prima pagina, in cui c'è l'adulto che scende al livello del bambino - perché bisogna ascoltare i propri bambini sin da subito - non da un certo giorno e poi svegliarsi e chiedersi: "perché mio figlio non mi racconta niente?"; si deve stimolarli a raccontare ma per fare questo è necessario porsi ad altezza di bambino, soprattutto leggendo i loro occhi, perché dai loro occhi si percepiscono la paura, lo spavento e tutto quello che questo comporta. Quindi, come si nota, nell'illustrazione scelta effettivamente Silviotta è tutta rosa, perché lei pensa che il mondo che la circonda sia tutto rosa. Al contrario "l'amico grande", in realtà, è abbastanza inquietante come immagine; l'ho voluto apposta in questo senso.
Per esempio, un bellissimo lavoro da fare con i bambini è chiedere loro se un bambino può avere un amico grande e che cosa ne pensano, perché i bambini vogliono entrare nel mondo degli adulti quindi, per loro, avere un amico grande è quasi una conferma del loro essere grandi. Per questo motivo vanno aiutati a decodificare ogni cosa che esiste nella realtà. Lasciarli da soli, oggi, è veramente pericoloso (ma anche ieri, credo).
D: Infatti, vediamo che, quando Silviotta cade, perde gli occhiali, questi si rompono e tanti adulti arrivano in suo aiuto. Qual è il significato di questo episodio nella storia?
R: Tanti adulti arrivano in suo aiuto, arriva anche la mamma e "l'amico grande" scappa. Evidentemente Silviotta si renderà conto che non è un amico e che stava per entrare in una trappola terribile.
Io ho scritto questa fiaba perché, effettivamente, la pedofilia è una trappola terribile, è il male assoluto. Come psicoterapeuta so che, anche dopo lunghi anni di psicoterapia, la pedofilia lascia sempre e comunque delle cicatrici che posso definire indelebili.
D: Però, alla fine, Silviotta ha questa espressione meravigliata, quindi il mondo può essere bello, avere i suoi lati negativi, ma l'importante è guardarlo con gli occhiali giusti.
R: Certo, hai perfettamente ragione. È inutile raccontare ai bambini storie che non esistono; la realtà è multicolore ma c'è anche il nero e, quindi, è giusto che i bambini sappiano comprenderlo, perché un bambino che sa è un bambino che può difendersi. Poi, comunque, una cosa importante è che accanto alla fiaba c'è un segnalibro con le 5 cose che Silviotta può dire ("Ascoltami quando voglio parlarti, credi a quello che dico, aiutami a capire, rispondi alle mie domande, dimmi quello che devo fare") e, dall'altra parte, c'è l'immagine di mia figlia con le 5 cose che non vanno fatte ("Non abituarmi a socializzare con gli sconosciuti, non chiedermi di baciare chiunque, non salutarmi baciandomi sulla bocca, non pubblicare la mia foto sui social, non raccontare di me sui social"). Secondo me anche questo aiuta molto i genitori.
D: Un'altra componente molto importante in questo dialogo con gli adulti sono anche gli insegnanti di scuola?
R: Certo, gli insegnanti di scuola sono l'altro punto di riferimento di ogni bambino; la fiducia sta innanzitutto nei propri genitori, ma quando l'abuso è consumato in famiglia, sono proprio gli insegnanti quelli che diventano oggetto di grande fiducia del bambino, che si esprime e si lascia andare con loro. Quindi, gli insegnanti non dovrebbero mai voltarsi dall'altra parte, come qualche volta so che è successo.
D: Un tema molto dibattuto quello dello psicologo nella scuola; credi che sia una figura utile per combattere la pedofilia e gli abusi?
R: È giustamente un tema molto dibattuto, nasce tantissimi anni fa, io ci ho creduto, poi - in realtà - le cose sono andate in maniera molto diversa e oggi assistiamo semplicemente a degli sportelli o dei progetti. Però, effettivamente, ci vorrebbe un discorso completamente diverso: una realtà stabile. Intanto, io chiedo che siano formati i genitori e gli insegnanti; questo già sarebbe un grossissimo passo avanti, perché avere una formazione adeguata - sia per i genitori che per gli insegnanti - già aiuta moltissimo.
D: Fornire gli occhiali giusti ai bambini quando sono piccoli li aiuta poi quando diventano più grandi ad approcciarsi anche con il mondo dei social?
R: Quando fin da bambini riusciamo a usare le parole giuste e trattare con loro i temi che riteniamo scottanti, che non siamo preparati ad affrontare e quindi non affrontiamo, li lasciamo troppo soli, troppo scoperti e, quindi, pericolosamente in balia di qualunque cosa, non ultimo social.
D: Recentemente si sta facendo strada – tra i genitori - l'idea che i figli debbano avere la loro privacy sui social; bambini, tra l'altro, sempre più piccoli. Cosa ne pensi?
R: La privacy è un discorso completamente diverso dal fatto che il bambino sappia esattamente che cosa si trova di fronte. Il bambino ha bisogno di strumenti per decodificare la realtà, quindi, se non glieli diamo con la scusa della privacy lo abbandoniamo; non è privacy, è abbandonare i propri figli e deresponsabilizzare i genitori.
D: Cominciamo dal titolo di questo libro: "Meglio così". Parlami del suo significato.
R: Il titolo nasce proprio leggendo la storia; lo si comprende abbastanza bene, nel senso che Silviotta ha questo incidente in cui si rompono gli occhiali, lei è disperata, invece è meglio così, perché i nuovi occhiali non saranno più rosa, proprio perché il mondo non è rosa e non va fatto vedere così ai bambini. Il mondo è pieno di colori ma c'è anche il nero, ecco perché è meglio così.
D: Questo libro è pensato per i bambini ma prima di tutto per i genitori?
R: Sì, infatti la fiaba è per i bambini, però io, quando incontro le famiglie, incontro prima di tutto gli adulti a cui spiego come utilizzare il libro con i loro bambini, perché sono loro che devono parlare di questo problema così importante, ma che va affrontato, cioè la pedofilia.
D: Rispetto al passato, oggi i genitori sono più propensi a parlare di certe tematiche così delicate con i loro figli?
R: I genitori sono molto più propensi, più attenti, tuttavia sono anche più ansiosi, entrano in panico, hanno timore e paura; quindi, vanno aiutati a utilizzare le parole e le modalità giuste, altrimenti i bambini si spaventerebbero o, peggio ancora, si potrebbero incuriosire.
D: È per questo che, alla fine, la mamma di Silviotta decide di comprarle degli occhiali arcobaleno?
R: Infatti questa è l'idea che suggerisce Francesca, cioè mia figlia, che poi l'ideatrice della fiaba. Invece di comprare ancora degli occhiali rosa, compra degli occhiali arcobaleno. Infatti così si spiega e va spiegato ai bambini un problema così importante; si spiega a Silviotta e a tutti i bambini che il mondo è di tutti colori e che ci sono anche adulti che non sono amici dei bambini.
D: Quindi tua figlia ha ispirato questo racconto?
R: Sì, perché io per prima, con lei, ho adottato il sistema di parlarne tranquillamente e serenamente. Un giorno stavamo scherzando insieme e lei mi ha dato l'idea della fiaba "Meglio così" e di Silviotta.
D: Le illustrazioni sono molto belle e significative; in alcune di queste, in particolare, Silviotta è con "l'amico grande"; si nota la differenza fra Silviotta, che non ha solo gli occhiali rosa ma anche il vestito rosa e, invece, l'amico che è tutto grigio e anche ciò che la circonda è grigio.
R: Naturalmente le illustrazioni non sono casuali: sin dalla prima pagina, in cui c'è l'adulto che scende al livello del bambino - perché bisogna ascoltare i propri bambini sin da subito - non da un certo giorno e poi svegliarsi e chiedersi: "perché mio figlio non mi racconta niente?"; si deve stimolarli a raccontare ma per fare questo è necessario porsi ad altezza di bambino, soprattutto leggendo i loro occhi, perché dai loro occhi si percepiscono la paura, lo spavento e tutto quello che questo comporta. Quindi, come si nota, nell'illustrazione scelta effettivamente Silviotta è tutta rosa, perché lei pensa che il mondo che la circonda sia tutto rosa. Al contrario "l'amico grande", in realtà, è abbastanza inquietante come immagine; l'ho voluto apposta in questo senso.
Per esempio, un bellissimo lavoro da fare con i bambini è chiedere loro se un bambino può avere un amico grande e che cosa ne pensano, perché i bambini vogliono entrare nel mondo degli adulti quindi, per loro, avere un amico grande è quasi una conferma del loro essere grandi. Per questo motivo vanno aiutati a decodificare ogni cosa che esiste nella realtà. Lasciarli da soli, oggi, è veramente pericoloso (ma anche ieri, credo).
D: Infatti, vediamo che, quando Silviotta cade, perde gli occhiali, questi si rompono e tanti adulti arrivano in suo aiuto. Qual è il significato di questo episodio nella storia?
R: Tanti adulti arrivano in suo aiuto, arriva anche la mamma e "l'amico grande" scappa. Evidentemente Silviotta si renderà conto che non è un amico e che stava per entrare in una trappola terribile.
Io ho scritto questa fiaba perché, effettivamente, la pedofilia è una trappola terribile, è il male assoluto. Come psicoterapeuta so che, anche dopo lunghi anni di psicoterapia, la pedofilia lascia sempre e comunque delle cicatrici che posso definire indelebili.
D: Però, alla fine, Silviotta ha questa espressione meravigliata, quindi il mondo può essere bello, avere i suoi lati negativi, ma l'importante è guardarlo con gli occhiali giusti.
R: Certo, hai perfettamente ragione. È inutile raccontare ai bambini storie che non esistono; la realtà è multicolore ma c'è anche il nero e, quindi, è giusto che i bambini sappiano comprenderlo, perché un bambino che sa è un bambino che può difendersi. Poi, comunque, una cosa importante è che accanto alla fiaba c'è un segnalibro con le 5 cose che Silviotta può dire ("Ascoltami quando voglio parlarti, credi a quello che dico, aiutami a capire, rispondi alle mie domande, dimmi quello che devo fare") e, dall'altra parte, c'è l'immagine di mia figlia con le 5 cose che non vanno fatte ("Non abituarmi a socializzare con gli sconosciuti, non chiedermi di baciare chiunque, non salutarmi baciandomi sulla bocca, non pubblicare la mia foto sui social, non raccontare di me sui social"). Secondo me anche questo aiuta molto i genitori.
D: Un'altra componente molto importante in questo dialogo con gli adulti sono anche gli insegnanti di scuola?
R: Certo, gli insegnanti di scuola sono l'altro punto di riferimento di ogni bambino; la fiducia sta innanzitutto nei propri genitori, ma quando l'abuso è consumato in famiglia, sono proprio gli insegnanti quelli che diventano oggetto di grande fiducia del bambino, che si esprime e si lascia andare con loro. Quindi, gli insegnanti non dovrebbero mai voltarsi dall'altra parte, come qualche volta so che è successo.
D: Un tema molto dibattuto quello dello psicologo nella scuola; credi che sia una figura utile per combattere la pedofilia e gli abusi?
R: È giustamente un tema molto dibattuto, nasce tantissimi anni fa, io ci ho creduto, poi - in realtà - le cose sono andate in maniera molto diversa e oggi assistiamo semplicemente a degli sportelli o dei progetti. Però, effettivamente, ci vorrebbe un discorso completamente diverso: una realtà stabile. Intanto, io chiedo che siano formati i genitori e gli insegnanti; questo già sarebbe un grossissimo passo avanti, perché avere una formazione adeguata - sia per i genitori che per gli insegnanti - già aiuta moltissimo.
D: Fornire gli occhiali giusti ai bambini quando sono piccoli li aiuta poi quando diventano più grandi ad approcciarsi anche con il mondo dei social?
R: Quando fin da bambini riusciamo a usare le parole giuste e trattare con loro i temi che riteniamo scottanti, che non siamo preparati ad affrontare e quindi non affrontiamo, li lasciamo troppo soli, troppo scoperti e, quindi, pericolosamente in balia di qualunque cosa, non ultimo social.
D: Recentemente si sta facendo strada – tra i genitori - l'idea che i figli debbano avere la loro privacy sui social; bambini, tra l'altro, sempre più piccoli. Cosa ne pensi?
R: La privacy è un discorso completamente diverso dal fatto che il bambino sappia esattamente che cosa si trova di fronte. Il bambino ha bisogno di strumenti per decodificare la realtà, quindi, se non glieli diamo con la scusa della privacy lo abbandoniamo; non è privacy, è abbandonare i propri figli e deresponsabilizzare i genitori.